LA TRASFERTA
dal nostro inviato
ROCCA PIETORE (BELLUNO) Una lingua di ghiaccio

Martedì 25 Settembre 2018
LA TRASFERTA
dal nostro inviato
ROCCA PIETORE (BELLUNO) Una lingua di ghiaccio incuneata fra la roccia e il cielo. Vista da quota 3.265 (e a 6 gradi sotto zero), ecco la striscia di Marmolada larga 30-70 metri che a cent'anni dalla fine della Grande Guerra ha scatenato un altro conflitto: fortunatamente non cruento come quello per cui a Punta Serauta vengono commemorati con un toccante Silenzio e una corona d'alloro il tenente Flavio Rosso e quattordici fanti, trucidati dagli austriaci il 26 settembre 1917 dopo la riconquista di Forcella V, ma comunque rilevante sul piano giudiziario e istituzionale, al punto da far invocare una soluzione politica all'ultrasecolare battaglia dei confini fatalmente riesplosa ora al tempo del sovranismo. È per questo che i consiglieri regionali, appena approvata la mozione che auspica il ritorno alla demarcazione sancita nel 2002 dall'intesa Galan-Dellai e sconfessata a maggio dal decreto dell'Agenzia del Territorio, salgono fino a Punta Rocca per sventolare la bandiera del Veneto in faccia al Trentino.
LA CASA E IL GIARDINO
Andrea De Bernardin, sindaco di Rocca Pietore, la spiega così: «Immaginate che una casa sia vostra dal 1778. Nel 1998 i giudici vi tolgono 3 chilometri quadrati di giardino per darli ai vostri confinanti. Poi nel 2002 i politici si mettono d'accordo per darvi almeno una piccola pertinenza di una trentina-settantina di metri davanti al vostro uscio. Ma improvvisamente nel 2018 un burocrate vi toglie anche quelli, tanto che appena mettete un piede fuori dalla porta, state già invadendo la proprietà altrui. Ecco, è quello che è successo a noi, tutto per la volontà di Canazei di realizzare sul versante trentino un nuovo impianto di risalita alternativo a quello veneto. Il che comporterebbe due grossi problemi: la congestione della pista Bellunese, dato che gli sciatori passerebbero da 1.000 a 2.800 all'ora, e l'espulsione della Marmolada dal patrimonio dell'Unesco». Mario Vascellari, proprietario della funivia che sale da Malga Ciapela e che ospita al Museo la seduta straordinaria, conferma: «I trentini hanno già pronti gli studi di fattibilità per arroccare quassù l'infrastruttura che scenderebbe fino ad Arabba, oscurando la Val Pettorina». Un'eventualità nefasta per la Provincia di Belluno, come sottolinea il presidente Roberto Padrin: «Dopo aver perso Sappada, non possiamo accettare un altro atto di forza da parte di Roma». Vale a dire la georeferenziazione di 802 punti, lungo una linea catastale di 4 chilometri, in attesa dell'apposizione dei picchetti sul terreno.
IL DIBATTITO
È qui che arriva la mozione zaian-leghista, ma via via sottoscritta anche dal resto del centrodestra sia di maggioranza che di opposizione, di cui è primo firmatario il bellunese Franco Gidoni, che si commuove confidando «la rabbia per chi pensa di governare i territori stando sempre e comunque a Venezia» e ricordando i compianti Floriano Pra e Sergio Reolon, «due modi di pensare diversi ma nel comune amore per la montagna». Visti i banchi vuoti del centrosinistra (c'è solo Franco Ferrari, che sarebbe il capogruppo di Moretti Presidente ma rivendica di essere «un civico» e alla fine voterà a favore), l'unica voce critica arriva dal Movimento 5 Stelle, presente ai lavori pur non partecipando alla votazione: «Non è parole che si difende la montagna, ma con un piano serio che comincia domani, quando tutti si saranno dimenticati della passerella di oggi», rimarca il capogruppo Samuel Brusco. Il governatore Luca Zaia non ci sta: «Questa non è affatto una gita, siamo qui a dichiarare il fallimento dell'Italia, se è vero che da 45 anni si susseguono ricorsi e controricorsi per un problema che non dovrebbe nemmeno esistere. Abbiamo dovuto presentarne un altro anche noi, il 18 settembre davanti al Tar del Lazio, altrimenti ci avrebbero detto che non potevamo più parlare, perché all'Ufficio complicazioni affari semplici funziona così. Ma continuiamo a pensare che, se l'interesse non è solo il business, con gli amici trentini possa essere trovata una soluzione politica: non siamo dei guerrafondai».
LA VOTAZIONE
Non fosse per la maledizione dell'azzurro Massimo Giorgetti («I trentini sappiano che porta male riscrivere i confini con un tratto di penna»), tutto il resto sarebbe messa cantata. Fra gli altri, Stefano Casali (Centro Destra Veneto): «Non dobbiamo mollare». Massimiliano Barison (Fratelli d'Italia): «Le istituzioni elette dai cittadini devono riappropriarsi del loro potere». Nicola Finco (Lega): «Saremo anche veneti, ma non siamo i figli della serva». Gianpaolo Bottacin (Zaia Presidente): «Ora però serve una vera autonomia per Belluno». Al presidente leghista Roberto Ciambetti, convinto che «i confini non si spostano per sentenza o per decreto», il compito di annunciare l'esito dei lavori: 35 presenti, 32 votanti, 32 favorevoli. La mozione viene approvata. Ma la guerra, va da sé, continua.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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