LA TRAGEDIA
TREVISO Hanno camminato insieme per oltre cinquant'anni ma nell'arco

Venerdì 27 Marzo 2020
LA TRAGEDIA
TREVISO Hanno camminato insieme per oltre cinquant'anni ma nell'arco di pochi giorni il coronavirus li ha strappati ai figli, che ora hanno paura che il contagio possa diffondersi ancora nella loro famiglia. Angelo Piccin, 88 anni, e Assunta Dalla Colletta, 80 anni, residenti a Cordignano, sono morti a distanza di dieci giorni l'uno dall'altra. E al dolore della perdita dei genitori, per i figli si è aggiunto anche quello di non poter esserci all'addio in cimitero, perché per loro è stata disposta la quarantena preventiva. E prima ancora, di non poter essere a fianco dei propri genitori nelle ultime ore della loro vita. «Mia mamma, che ha dedicato tutta la sua vita a noi figli, già aveva delle patologie da anni e credo che, anche senza il coronavirus, non avrebbe vissuto ancora a lungo perché era molto sofferente. Gli ultimi giorni sono stati per lei una vera e propria agonia racconta il figlio Roberto -. Diversamente, invece, per mio papà che non aveva alcun problema di salute, né particolari sintomi che facessero presagire la positività al virus la prima volta che ci siamo rivolti al pronto soccorso. Sono morti, doveva andare così, era il loro destino e alla mano di qualcuno più forte di noi non si può comandare». La preoccupazione di Roberto Piccin è ora per la sua famiglia. «Siamo in quarantena prima dalla positività di mio papà, poi prolungata di altri 15 giorni quando anche mia mamma si è ammalata dice -. Ora sono preoccupato per mia moglie e per i miei figli. Io sono stato a contatto con i miei genitori, ma nessuno ci ha fatto il tampone per capire se siamo positivi o meno. Spero non ci fossero stati altri contagi, questo virus è incontrollabile e la sua gestione è difficile».
FOCOLAIO AL BAR
Mario Modolo, classe 1941 di San Fior è stato una delle prime vittime del Corona virus. Impresario edile come il padre e il nonno, ha lasciato il timone dell'impresa ai figli Renzo e Franca. «Nostro padre si era ammalato di polmonite a gennaio ma aveva avuto un decorso normale - lo ricorda Ivana, la sua terza figlia -. Quando è guarito è rimasto in casa per una ventina di giorni. Poi il 21 febbraio ha voluto uscire per andare a fare la solita partita di carte al bar. Le carte, assieme alle bocce, la caccia e la pesca erano le sue passioni. Qualche giorno dopo ha accusato un po' di febbre, prima leggera, poi alta. Dopo una cura a base di antibiotici sembrava guarito, invece la febbre è tornata». Erano giorni in cui il virus era ancora lontano, nessuno poteva immaginare che fosse già arrivato in paese.
TELEFONATE STRAZIANTI
«Dal 3 marzo quando è stato ricoverato con una polmonite bilaterale non abbiamo più potuto vederlo. Lo chiamavamo ogni giorno tutti per confortarlo. Noi stessi eravamo stati messi in quarantena e l'unico contatto era quello telefonico. Il 14 marzo lo hanno intubato ed era impaurito perchè sapeva quello che stava succedendo con il virus attraverso la TV. Noi figli cercavamo di trasmettergli speranza e fiducia ma secondo me lui sapeva, se lo sentiva che qualcosa non andava». «Speravamo, pregavamo per un miracolo assieme ai suoi sette nipotini che lui amava alla follia - continua lo straziante racconto la figlia di Modolo -. Poi il 21 marzo, a causa di un'insufficienza renale se n'è andato, senza averlo potuto abbracciare per l'ultima volta. Vorrei però ringraziare i reparti di pneumologia di Vittorio Veneto e di terapia intensiva di Belluno per averlo seguito fino all'ultimo con grande dedizione». Mario Modolo Bachero è sempre stato un grande lavoratore. Da giovane era emigrato in Svizzera per alcuni anni. Rientrato in Italia si era costruito la sua casa in centro a San Fior e aveva sposato la sua amata Luigina , morta nel 2015. Da allora si era dedicato ai suoi nipotini, alla casa, all'orto e alle carte. Una persona dinamica e benvoluta da tutti. «L'ultima crudeltà del virus è che al suo funerale non abbiano potuto partecipare le persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato. Eravamo solo noi alla breve cerimonia, solo i famigliari, poco meno di 15 persone».
LA BATTAGLIA
Ha combattuto come un leone anche Primo Piccolo, 71 anni, residente a Navolè. Da ben cinque anni era impegnato nella sua battaglia contro il cancro che stava portando avanti con tutte le sue forze, da vero guerriero. Una lotta senza esclusione di colpi, condotta con tenacia. Ma a dar manforte al tumore ci si è messo pure il Covid19, che certo bene non ha fatto al suo fisico già provato. L'uomo che è risultato positivo al tampone del coronavirus, è morto mercoledì. «A papà ricorda il figlio Ivan volevano bene tutti. Non so dire quante persone mi abbiano chiamato in questi giorni, papà sapeva farsi amici ovunque». Una vita dedicata alla sua famiglia, al suo mestiere di falegname. L'uomo lascia la moglie Luigina, il figlio Ivan con Paola, i fratelli e le sorelle.
Claudia Borsoi
Pio Dal Cin
Annalisa Fregonese
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