LA PAURA
dal nostro inviato
CANALE D'AGORDO Il disastro che si è scatenato

Domenica 4 Novembre 2018
LA PAURA
dal nostro inviato
CANALE D'AGORDO Il disastro che si è scatenato nel Bellunese lunedì scorso non ha risparmiato la casa natale di papa Luciani, a Canale d'Agordo. Settanta centimetri hanno invaso garage, cantina e l'entrata dell'abitazione, ma fortunatamente, non ha raggiunto la stanza al primo piano dove nacque Albino, nel 1912. Oggi al posto del letto c'è un divano. Poi la poltrona dove si sedette papa Wojtyla, quando nel 1979 venne a Canale e le foto che ricordano il pontefice del sorriso.
In casa Luciani, in via Rividella, 8, abita il nipote Laurenzo Luciani, figlio del fratello di Albino, ovvero Edoardo, che oggi non c'è più. Sul campanello la foto del papa venerabile e la dicitura: Casa natale di papa Luciani. Ma l'abitazione non è visitabile, come c'è scritto a chiare lettere su tutta la cartellonistica che costeggia la strada. Sì perché Canale d'Agordo ormai da anni, e soprattutto dopo l'avvio della procedura di beatificazione, è diventata meta di pellegrinaggi di fedeli. In paese c'è anche il museo del papa, che fortunatamente non è stato intaccato dal disastro. All'interno sono custoditi tutti gli oggetti e documenti che raccontano la storia del Santo Padre. A casa sono rimasti alcuni libri, alcune fotografie, come quelle della visita di Wojtyla e i ricordi di famiglia. Nulla di tutto questo è stato intaccato dall'allagamento. Danneggiati invece l'auto del nipote che era parcheggiata nel giardino di casa, che dà su via XX Agosto, il furgone che utilizza per lavoro (è un elettricista). Perso anche materiale e altri oggetti che teneva in cantina.
LA TESTIMONIANZA
«La sera del disastro - raccontano il nipote del papa, Laurenzio, e la compagna Cinzia - era andata via la luce. L'elettricità è saltata intorno al primo pomeriggio di lunedì, così ci siamo messi a giocare a carte. Non ci eravamo accorti di nulla, fino a quando sono venuti a chiamarci i vicini. Abbiamo sceso le scale e siamo finiti nell'acqua. C'erano 70 centimetri». Quasi tutte le case della via sono state allagate: chi ha perso l'auto, chi il materiale. Ieri, complice il sole, nella strada si vedevano abiti, coperte, oggetti messi a asciugare. Gli agordini non hanno perso tempo: fin dal primo giorno dopo il disastro hanno preso scope e pompe in mano per ripulire gli scantinati. L'acqua è arrivata dalla montagna che sovrasta la vita: dai prai come dicono qui. Non era accaduto nell'alluvione del 1966, quando la casa di papa Luciani rimase indenne.
La fotografia del disastro che ha attraversato Canale ti si para davanti già all'arrivo: a Val dove c'era la cartellonistica che delimitava il comune del papa il segnale è stato sradicato dal terreno dalla forza del vento. Alzando gli occhi il bosco di Val è diventato orizzontale: le piante sono tutte spezzate. Poi il fango quando si attraversa il ponte per arrivare in paese. Ma quando si arriva in piazza, dove ci sono il Museo del papa, il municipio e la chiesa non c'è traccia del disastro. Il paese si è salvato. Lì raccontano che è stato grazie al sindaco Flavio Colcergnan e ai volontari che ancora prima che arrivasse la tromba d'aria e la pioggia si sono attrezzati con pale e altri mezzi per contenere la piena. «È stato grazie a loro - dicono alla pizzeria Costa, in piazza Salvatore Serafini - se ci siamo salvati. Nel 1966 il torrente Biois esondò, questa volta no». Spiegano che i volontari della protezione civile avrebbero bloccato fisicamente gli argini, riuscendo con una barriera, praticamente umana, non far esondare il Biois. Ma forse non erano soli. Papa Albino, da lassù, ha sicuramente protetto il suo paese.
Olivia Bonetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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