La manifestazione di Padova

Venerdì 22 Marzo 2019
La manifestazione di Padova
LA MARCIA
PADOVA «La riforma più urgente è quella delle coscienze». È il grido di don Luigi Ciotti, l'anima di Libera, il prete scomodo, dall'alto del palco in Prato della Valle, piazza gremita da migliaia di persone, colorata di bandiere e striscioni, ma soprattutto invasa dai giovani. È la nuova primavera contro le mafie, e Padova, ieri, ne è stata capitale: 50 mila i manifestanti, secondo i dati dell'organizzazione, per il passaggio a Nordest voluto da Libera e Avviso Pubblico, nel territorio prospero, ma proprio per questo irresistibile per gli affari della criminalità organizzata, come le recenti inchieste su camorra e ndrangheta hanno dimostrato. Un corteo infinito, condotto dai parenti delle vittime innocenti delle mafie, ha attraversato il centro nelle prime ore del mattino. Ed eccoli sfilare: studenti, cittadini, amministratori, politici, associazioni di volontariato, scout, religiosi: tutti uniti non solo nel ricordo di chi ha perso la vita, ma per riscattare margini e periferie, luoghi distrutti e calpestati, terre dei fuochi pure nel rigoglioso Nordest, o chi non ha lavoro. Ma sull'emergenza migranti è scoppiata la polemica.
LA POLEMICA
«I migranti sono vittime che vengono rappresentate come colpevoli, in un falsificazione della realtà di cui un giorno la storia e Dio ci renderanno conto - ha detto don Ciotti -. Io sto con la nave Mare Jonio, sta lì per salvare le vite. I migranti sono rappresentati di fatto come dei nemici usurpatori fingendo di non sapere che a costringere milioni di persone ad abbandonare casa, terra e affetti è il sistema economico dell'Occidente ricco, che ha derubato e depredato intere zone del pianeta senza pietà. Dico no alla gestione di repressione dei migranti e all'attacco dei diritti umani. Oggi l'Europa - ha continuato don Ciotti - deve vergognarsi quando molti dei paesi fondatori giocano allo scaricabarile sulla pelle di tanta gente. Io ne prendo otto, tu ne prendi sette, è come il mercato delle vacche su tanti poveri cristi».
L'assessore allo Sviluppo economico della Regione Veneto, il leghista Roberto Marcato, ha voluto rispondere a don Ciotti a stretto giro con un post su Facebook. «Ho ammirazione sincera per il coraggio e l'intelligenza con cui si combatte il cancro d'Italia, usare però tutte le parole d'ordine in materia di immigrazione che appartengono evidentemente solo a una parte del Paese ha svilito forse il valore più grande di questa doverosa guerra di civiltà: l'unione di tutte le persone per bene che odiano i mafiosi. Caro don Ciotti, quando si parla di valori universali non si può essere partigiani. La distinzione era fra chi è mafioso e chi odia la mafia e non tra chi lavora in una ong e chi vuole un'altra accoglienza».
LE VITTIME
Mille e undici nomi sono stati scanditi nel corso della giornata, le vittime innocenti di cui non si deve perdere la memoria, dall'ex brigadiere Giorgio Verdura, ammazzato nel 1879, a Bolognetta, sino gli ultimi quindici censiti da Libera nel 2018, i braccianti agricoli stranieri. «Un debito di riconoscenza con chi è stato assassinato. I loro sogni devono camminare sulle nostre gambe - ha detto nel suo discorso finale don Ciotti -. E ci sono ancora tante storie che non si conoscono. Ma non è possibile che l'ottanta per cento delle famiglie della violenza mafiosa non sappia la verità o solo una parte di questa». E poi gli appelli, gli inviti che hanno infiammato i manifestanti. «La mafia - ha continuato don Luigi - è un avversario difficile da scoprire ma dobbiamo essere riconoscenti al lavoro di magistratura e forze di polizia. Non dobbiamo lasciarli soli e la politica deve dare strumenti: ci vogliono meno leggi e più legge nel nostro Paese». L'augurio ai «meravigliosi» giovani: «Non rassegnatevi, non siete ancora intossicati dalla sete di denaro e di potere». La forza delle donne: «Tante hanno abbandonato i clan. Ci chiedono una mano, non soldi, ma di essere aiutate ad uscire dalla mafia. È la loro rivoluzione, non lasciamole sole». I minorenni portati via dalle famiglie malavitose della Calabria per ricominciare a vivere altrove: «Sono qui, in quaranta, sono al corteo».
Un messaggio per la manifestazione, che si svolgeva anche in altri 4000 luoghi italiani, è arrivato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Vogliamo liberare la società dalle mafie. È un traguardo doveroso e possibile, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini. Agli organizzatori e ai partecipanti - ha scritto il Capo dello Stato - desidero esprimere la mia vicinanza e il mio incoraggiamento a proseguire nella testimonianza di quei valori civili che soli possono consentire uno sviluppo del benessere e della società».
Donatella Vetuli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci