LA COALIZIONE
ROMA «Oggi noi siamo spettatori». È il mantra che

Mercoledì 25 Aprile 2018
LA COALIZIONE
ROMA «Oggi noi siamo spettatori». È il mantra che arriva dal centrodestra nel giorno in cui Roberto Fico comincia ad esplorare le possibilità di un accordo di governo tra M5s e Pd. Ma né Silvio Berlusconi né Matteo Salvini sembrano davvero intenzionati a stare sul loggione. Dopo il Molise, è il Friuli Venezia Giulia. La vittoria della coalizione appare difficilmente in discussione, ma il messaggio che da quelle terre può arrivare a Roma conta per i due leader. Il segretario del Carroccio lì punta tutto per rafforzare il suo primato, ma l'ex premier, galvanizzato dal risultato di domenica scorsa, vuole far vedere che Fi è viva. Per questo ha deciso di giocare in prima persona la campagna elettorale, trascorrendo lì i prossimi giorni. Per questo, ha chiesto ai suoi parlamentari, nessuno escluso, di mobilitarsi in massa.
MESSAGGI
Il centrodestra pare godere di miglior salute che negli ultimi tempi. Da Fi sono convinti che il duetto tra Salvini e Luigi Di Maio sia davvero archiviato. E non tanto perché il capo politico dei pentastellati lo ha dichiarato apertamente, ma perché sono persuasi che il segretario della Lega abbia fatto una doppia scommessa, convinto di vincere in entrambi i casi: o fallisce il tentativo M5s-Pd e si va a votare oppure si va all'opposizione, massimizzando il consenso. Dopo giorni di messaggi d'amore e pubbliche ammissioni di contati continui, tra i due giovani leader è il momento della singolar tenzone. «Di Maio mi accusa di essere irrilevante? Forse voleva dire coerente e leale, visto che lavoro da 40 giorni per formare un governo fedele al voto degli italiani», accusa Salvini. «Amoreggiare con Renzi e col Pd, pur di andare al potere, mi sembra invece irrispettoso nei confronti degli italiani e dei propri elettori». Infine, un nuovo appello. «Se vuole smettere di polemizzare e aiutarmi a ricostruire questo Paese io, come leader del centrodestra, sono pronto». In pratica, o si sta insieme, portando al governo il patrimonio populista di entrambi, oppure tanto vale stare all'opposizione erodendo consenso all'altro che cerca di governare.
Se questo è il cinico ragionamento che fanno dal Carroccio, nella posizione di non chiusura di Salvini resta comunque un punto fermo: se si ragiona, lo si fa con l'intera coalizione. Berlusconi compreso. Insomma, le parti si sono un po' ribaltate. Per un Salvini che attacca M5S, c'è il leader azzurro che, dopo giorni di bombardamento, si morde la lingua e sceglie il low profile: «A Di Maio non voglio dire niente». Una scelta istituzionale che rivolge soprattutto al Colle, distinguendosi anche in questo profondamente dal proprio alleato. «Abbiamo un presidente della Repubblica che sa quello che fa».
Barbara Acquaviti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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