La Cgil: «Confermiamo tutto, solo noi abbiamo aiutato la donna»

Sabato 22 Aprile 2017
La Cgil: «Confermiamo tutto, solo noi abbiamo aiutato la donna»
Peregrinazione per interrompere volontariamente la gravidanza? Paola Fungenzi della Cgil, che aveva segnalato il caso della 41enne padovana, già madre di due figli e desiderosa di non proseguire nella terza gestazione. Il sindacato di via Longhin ne aveva seguito passo passo l'iter, conferma la vicenda. «Ribadiamo quanto sempre detto: da noi è venuta una signora chiedendoci aiuto, dopo aver fatto 23 tentativi nel Veneto e anche fuori regione, non trovando risposte. Poiché la prima data disponibile sforava i termini dei 90 giorni previsti dalla legge, grazie ai nostri canali e al nostro pressing siamo riusciti a ottenere l'intervento in tempo utile».
Questa versione il sindacato dice di averla confermata anche ai Nas, che hanno ascoltato due volte la 41enne.
Una donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 l'atto è regolato dalla legge 194 che sancisce le modalità del ricorso all'aborto volontario. L'intervento può essere effettuato nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e in quelle private convenzionate con la Regione. L'aborto può essere praticato dopo i primi tre mesi quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto, che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della gestante. In entrambi i casi, lo stato patologico deve essere accertato e documentato da un medico del servizio ostetrico e ginecologico che pratica l'intervento, che può avvalersi della collaborazione di specialisti.
Due mesi fa, portando alla ribalta della cronaca la vicenda di quella 41enne, la Cgil colse l'occasione per rilanciare la sua campagna di sensibilizzazione perché quanto sancito dalla normativa venga effettivamente attuato: «Noi siamo impegnati da anni su questo fronte, per arrivare - ricorda Fungenzi - insieme all'Azienda ospedaliera e a quella che oggi è l'Ulss 6, a protocolli condivisi che uniformino l'applicazione della 194».
Ora, se è vero che la legge 194 consente l'obiezione di coscienza, è altrettanto vero che «ogni struttura pubblica deve essere messa nella condizione di garantire una prestazione che la medesima legge consente, anche a costo di assumere medici non obiettori. La 194, è sempre utile ribadirlo, è una legge che regolamenta il ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza in modo serio e responsabile, non è una norma che liberalizza il ricorso all'aborto, proprio perché l'aborto non può e non deve essere considerato alla stregua di un metodo contraccettivo».

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