NOVENTA DI PIAVE
Chi fuma nervosamente, chi ha in mano una tazza di tè caldo, chi parla piangendo al cellulare. Sono sul retro dello stabile che ospita il Roadhouse - la nota catena di ristoranti specializzati in carne alla brace - a Noventa di Piave, di fronte all'uscita del casello dell'A4, a due passi dell'outlet e dal centro cittadino. Non si danno pace. Si abbracciano. Si consolano, si disperano. Tra meno di mezz'ora, a mezzogiorno orario ufficiale di apertura, devono iniziare il turno: non si chiude nemmeno di fronte al fatto che due di loro sono morti nella notte. Già perché Chiara Brescaccin, 23 anni di Noventa, e Matteo Gava, 20 anni di Salgareda, erano loro colleghi. E loro sono stati gli ultimi a vederli in vita. Li avevano salutati da poco. Forse 15, venti minuti prima.
«Eravamo andati tutti insieme a mangiare alla Tana del Luppolo a San Donà - racconta Anna, gli occhi gonfi, la voce che trema - una piccola festa per Eugenia, un'altra collega che dopo oggi (ndr ieri per chi legge) cambia sede di lavoro. Se avevamo bevuto? Ma no, al massimo una birra. Chiara e Matteo erano bravissimi, non avrebbero fatto del male a una formica. Matteo aveva lasciato la sua macchina qui al parcheggio e Chiara lo stava riportando a prenderla, e poi sarebbero andati a casa. Poco fa sono venuti i suoi genitori a ritirarla. Erano distrutti».
L'ULTIMA FOTO
«Matteo e Chiara erano i più bravi di noi» aggiunge Diana, mostrando quelle che nessuno mai avrebbe potuto immaginare essere le ultime foto di Chiara e Matteo sorridenti come sempre. Matteo spicca in tutte perché è il più alto. La più bella è quella quando sono ancora a tavola: «Guardi come sono felici, la prenda, la pubblichi pure».
In quel momento arriva Rupi, non sa ancora nulla. Le dicono: «Oggi sarai sola in cucina». Lei sgrana gli occhi grandi e neri: «Matteo e Chiara non ci sono più». Stenta a realizzare. Poi c'è solo spazio per le lacrime. «Matteo era il griglista esperto, e Chiara invece era la cuoca - spiega Ilaria - due colonne del locale, due punti di riferimento preziosi e non solo dal punto di vista professionale. Non a caso avevano un contratto di assunzione a tempo indeterminato. Erano qui dall'inaugurazione, vale a dire da agosto. In tutto siamo una ventina, dai 18 ai 25 anni. E siamo tutti amici, abitiamo in zona. Chiara era di Noventa ma si era trasferita da poco a Eraclea con il compagno, avevano acquistato casa, c'era il mutuo da pagare». E ancora Diana: «Di Chiara sapevamo tutto. Le piaceva parlare di sé, delle sue aspirazioni e aspettative. Matteo invece era più discreto ed era sempre pronto a dare una mano a tutti».
AL LAVORO
Mezzogiorno è arrivato. Indossano la divisa e il sorriso di ordinanza. Per le ragazze anche un po' di trucco aiuta a nascondere i segni del dolore. All'ingresso c'è già la fila di gente che aspetta per entrare e pranzare. Sono i clienti più mattinieri dell'outlet, dall'altra parte del grande rondò, e dell'attiguo centro commerciale con Diffusione tessile e Calzedonia, ma anche gli ospiti del vicino polo alberghiero.
Nel giro di poco più di trenta minuti tutti i tavoli sono occupati e chi si siede per ordinare, scegliendo dal variegato menù, trova la solita gentilezza e la solita disponibilità. Chissà se qualcuno si accorge degli sguardi velati e vuoti di cameriere, camerieri e cassieri. Il business va avanti. Si fermerà il giorno dei funerali.
Monica Andolfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA Chi fuma nervosamente, chi ha in mano una tazza di tè caldo, chi parla piangendo al cellulare. Sono sul retro dello stabile che ospita il Roadhouse - la nota catena di ristoranti specializzati in carne alla brace - a Noventa di Piave, di fronte all'uscita del casello dell'A4, a due passi dell'outlet e dal centro cittadino. Non si danno pace. Si abbracciano. Si consolano, si disperano. Tra meno di mezz'ora, a mezzogiorno orario ufficiale di apertura, devono iniziare il turno: non si chiude nemmeno di fronte al fatto che due di loro sono morti nella notte. Già perché Chiara Brescaccin, 23 anni di Noventa, e Matteo Gava, 20 anni di Salgareda, erano loro colleghi. E loro sono stati gli ultimi a vederli in vita. Li avevano salutati da poco. Forse 15, venti minuti prima.
«Eravamo andati tutti insieme a mangiare alla Tana del Luppolo a San Donà - racconta Anna, gli occhi gonfi, la voce che trema - una piccola festa per Eugenia, un'altra collega che dopo oggi (ndr ieri per chi legge) cambia sede di lavoro. Se avevamo bevuto? Ma no, al massimo una birra. Chiara e Matteo erano bravissimi, non avrebbero fatto del male a una formica. Matteo aveva lasciato la sua macchina qui al parcheggio e Chiara lo stava riportando a prenderla, e poi sarebbero andati a casa. Poco fa sono venuti i suoi genitori a ritirarla. Erano distrutti».
L'ULTIMA FOTO
«Matteo e Chiara erano i più bravi di noi» aggiunge Diana, mostrando quelle che nessuno mai avrebbe potuto immaginare essere le ultime foto di Chiara e Matteo sorridenti come sempre. Matteo spicca in tutte perché è il più alto. La più bella è quella quando sono ancora a tavola: «Guardi come sono felici, la prenda, la pubblichi pure».
In quel momento arriva Rupi, non sa ancora nulla. Le dicono: «Oggi sarai sola in cucina». Lei sgrana gli occhi grandi e neri: «Matteo e Chiara non ci sono più». Stenta a realizzare. Poi c'è solo spazio per le lacrime. «Matteo era il griglista esperto, e Chiara invece era la cuoca - spiega Ilaria - due colonne del locale, due punti di riferimento preziosi e non solo dal punto di vista professionale. Non a caso avevano un contratto di assunzione a tempo indeterminato. Erano qui dall'inaugurazione, vale a dire da agosto. In tutto siamo una ventina, dai 18 ai 25 anni. E siamo tutti amici, abitiamo in zona. Chiara era di Noventa ma si era trasferita da poco a Eraclea con il compagno, avevano acquistato casa, c'era il mutuo da pagare». E ancora Diana: «Di Chiara sapevamo tutto. Le piaceva parlare di sé, delle sue aspirazioni e aspettative. Matteo invece era più discreto ed era sempre pronto a dare una mano a tutti».
AL LAVORO
Mezzogiorno è arrivato. Indossano la divisa e il sorriso di ordinanza. Per le ragazze anche un po' di trucco aiuta a nascondere i segni del dolore. All'ingresso c'è già la fila di gente che aspetta per entrare e pranzare. Sono i clienti più mattinieri dell'outlet, dall'altra parte del grande rondò, e dell'attiguo centro commerciale con Diffusione tessile e Calzedonia, ma anche gli ospiti del vicino polo alberghiero.
Nel giro di poco più di trenta minuti tutti i tavoli sono occupati e chi si siede per ordinare, scegliendo dal variegato menù, trova la solita gentilezza e la solita disponibilità. Chissà se qualcuno si accorge degli sguardi velati e vuoti di cameriere, camerieri e cassieri. Il business va avanti. Si fermerà il giorno dei funerali.
Monica Andolfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA