L'OSSERVATORIO
BELLUNO «Quasi tutte le imprese del settore metalmeccanico

Lunedì 1 Giugno 2020
L'OSSERVATORIO
BELLUNO «Quasi tutte le imprese del settore metalmeccanico sono in difficoltà. Le stime parlano di possibili cali di fatturato tra il 50 e il 60 per cento. Praticamente ovunque al termine delle nove settimane di ammortizzatori sociali viene chiesto il prolungamento per altre cinque settimane. Dall'automotive al condizionamento, passando chiaramente per l'alluminio. Una difficoltà generalizzata» a parlare è Stefano Bona, segretario provinciale della Fiom. Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil prova a mettere in fila numeri e impressioni di una situazione che la provincia di Belluno non si era mai trovata ad affrontare prima d'ora. «C'è già chi sventola - prosegue sempre Bona - lo spettro dei licenziamenti collettivi».
POST PANDEMIA
Che lo scenario da affrontare post confinamento non fosse dei più rosei lo sapevano tutti ma che le proporzioni fossero così devastanti forse non se lo immaginavano neppure gli addetti ai lavori. «L'impressione - prosegue Bona - è che le ripercussioni, brutali, si vedranno più avanti». «Sapevamo che il lockdown - procede Rudy Roffarè, segretario aggiunto della Cisl Treviso Belluno - sia in Italia che nei mercati internazionali avrebbe provocato una riduzione degli ordini. Si tratta di un sistema strettamente collegato nelle varie filiere che inizia oggi e si protrarrà per mesi. Purtroppo non ci stupiamo. A preoccuparmi, piuttosto, è la possibile insufficienza degli ammortizzatori che attualmente ci danno tranquillità fino all'autunno. Ma se continua così ben presto serviranno nuovi ammortizzatori. Sarà lunga. Del resto anche le azioni messe in campo dal governo, come il bonus che prova a ridare vita all'edilizia, non produrrà effetti immediati».
LE ECCEZIONI
In una situazione che si preannuncia difficilissima non mancano però le eccezioni. La Clivet, l'ex Climaveneta e la Npe hanno chiesto orari a ciclo continuo. Bisogna fare in fretta per recuperare il tempo perduto e consegnare le commesse. Ma per tre aziende che hanno incrementato i ritmi di lavoro ce ne sono molte altre che si trovano ad affrontare una situazione inedita. A pagare il prezzo più alto chi lavora con la ristorazione. Dopo mesi di chiusura di bar e ristoranti non è pensabile che qualcuno, mentre riapre l'attività a regime ridotto, decida anche di cambiare le celle frigorifere. Facile ipotizzare che preferiscano attendere, almeno il 2022. «La stessa Wanbao - riprende Bona - ora viaggia su una stima di un milione e 700mila pezzi (Wanbao Acc è attualmente in regime di amministrazione straordinaria ndr). Le cose non vanno meglio nelle aziende di componentistica per le automobili».
OCCUPAZIONE
Il contraccolpo occupazionale, se non si interviene immediatamente, potrebbe essere solo questione di settimane. «Per i contratti a termine i segnali che abbiamo non sono positivi anche se il decreto ha previsto che sia possibile sterilizzare il periodo coronavirus per prolungare la scadenza. Diciamo che a spaventarci è quello che succederà dopo agosto. Quando saremo senza ammortizzatori come faremo? Certo che la situazione non è facile, quasi tutte le imprese hanno la cassa integrazione aperta, con orario ridotto. Ad agosto non faremo le fermate produttive e per la prima volta ci auguriamo che saltino le ferie estive perché vorrebbe dire che il lavoro è ripreso».
LA VIA D'USCITA
Secondo il sindacato l'unico modo per superare una fase che non ha precedenti nella storia moderna del mercato del lavoro e della produzione è un patto sociale in cui aziende, sindacati e politica, siedono dalla stessa parte del tavolo e provano a capire la strada da percorrere per permettere al territorio di partire. «Qui dovremmo puntare sul turismo che ha grandissime potenzialità» spiega Rudy Roffaré. Insomma il mondo del lavoro di domani potrebbe essere con meno produzione e più servizi. Ma nel frattempo la crisi non aspetta.
Andrea Zambenedetti
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