L'INTERVISTA
VENEZIA Emanuele Ballarin ha 43 anni, è sposato con Giordana

Venerdì 15 Gennaio 2021
L'INTERVISTA
VENEZIA Emanuele Ballarin ha 43 anni, è sposato con Giordana e papà da pochi giorni di Iside Sophia. La lunga turbolenza legata al virus l'ha portato al limite e per questo ha deciso di aderire al movimento #ioapro, che invita tutti gli esercenti ad alzare le saracinesche nonostante il blocco. Ballarin, titolare del bacaro Quebrado in calle larga dei Bari, non agisce per partito preso, è consapevole delle sue scelte, ma è altrettanto consapevole della sua dignità di imprenditore, lavoratore e padre di famiglia.
Quali sono i motivi che la portano ad andare controcorrente?
«La situazione ormai è insostenibile. Si deve pagare comunque tutto, abbiamo arretrati, affitti, tasse, imposte e bollette. In più viviamo nell'incertezza più totale e il proseguire della situazione non dà ottimismo, se rispettassi le ultime decisioni».
E così matura la scelta di aprire il suo locale.
«Sì, dalle 17.30 alle 21.45 apro. Spero vengano tante persone, ma sempre nel rispetto delle regole di distanziamento. Chi lavora avrà le mascherine e poi non chiudo più. Aprirò venerdì, sabato, domenica e andrò avanti. Non è una manifestazione, io riprendo solo a lavorare».
Ma sa a cosa va incontro?
«Verranno le forze dell'ordine, va bene. Mi faranno la sanzione e io farò ricorso. Ci siamo affidati ad alcuni avvocati che ci stanno aiutando».
Cosa la spinge ad arrivare ad andare contro le scelte del Governo?
«Non ce la facciamo. Oggi viviamo nel dramma, io ho sei giovani dipendenti, oltre ai costi fissi. Sono in difficoltà anche loro, mi chiamano chiedendo quando riapriamo, io mi sento in dovere di proteggere anche loro, perché se non gli do una mano io, chi è che lo fa»?
In realtà rischiate.
«Anche loro devono far la spesa, hanno gli affitti da pagare, sono universitari lontani da casa. Uno di loro vive da solo, non posso abbandonarli».
Ma non ha paura?
«No, perché mi sento nel giusto. Ripeto, sono una persona corretta, ho rispettato le regole e le rispetto. Mi hanno fatto comprare di tutto, anche un sistema di sanificazione per l'ambiente, e poi mi dicono di chiudere. Ma tu, Governo, vuoi lasciarmi lavorare? Vuoi che chiuda alle 18, ok, ma non tutto il giorno».
Però gli esperti affermano che il rischio è alto e per questo si chiede un sacrificio.
«Sono d'accordissimo, prima di tutto la salute. Ma se lo Stato italiano decide così deve anche garantirmi la sopravvivenza, deve aiutarmi. I ristori giunti nel periodo di chiusura non sono sufficienti, non bastano nemmeno per le spese. Lo scorso anno mi è stato dato il 15% del fiscale dell'anno prima».
Sui rischi legali le associazioni di categoria avvisano di stare attenti ai faccendieri.
«I legali del gruppo #ioapro mi sembrano persone serie. Io comunque sono tranquillo, dobbiamo aprire per vivere. Poi quando arriveranno le sanzioni faremo ricorso e vedremo. Se ci sarà da pagare, pagherò».
Che serata si aspetta?
«Mi toccherà mandar via la gente, avrò il locale pieno, so che sarà un casino, ma voglio che sia tutto a norma: mascherine, sanificatori, all'interno massimo otto persone, distanziamento, eccetera».
Ci sarà anche una sorta di evento informativo, giusto?
«#ioapro Venezia ha pensato di fare una bella iniziativa, due portatili collegati via zoom, uno qui e uno al Bacareto Bistrot Il siciliano a Santa Croce. Ci saranno gli avvocati che ci istruiranno sui comportamenti e sulla presunta incostituzionalità dei decreti».
Cosa succederà qualora arrivassero i controlli?
«Se verranno, mi daranno una multa, potranno chiudermi per cinque giorni e poi riapro. Se faccio una cosa, la faccio bene. Voglio solo tornare alla mia dignità di imprenditore, di lavoratore rispettando le regole».
Però il problema salute rimane.
«Il fatto è che io non credo che questo virus abbia una percentuale elevata o aumenti se i ristoranti restano aperti. Se in un bus si può stare in trenta e in un locale in otto, allora compro un bus e ci faccio un locale dentro».
Che 2020 ha vissuto?
«Eccezionale (ride, ndr), dopo l'acqua alta ero l'unico che lavoravo, ma aiutavo le persone anziane dando da mangiare, ci si arrangiava aiutandoci come facciamo noi veneziani. Tra giugno e ottobre ero riuscito a fare lo stesso fatturato dell'anno prima, poi mi son sposato e ora son diventato papà. Si supera tutto».
Come?
«La vita non è come ti capita, ma come la affronti. Ogni mattina mi guardo allo specchio e cerco di essere onesto. Se il mio locale è ottavo su 1337 ristoranti a Venezia, vuol dire che l'onestà paga sempre».
Tomaso Borzomì
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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