L'Autorità anti corruzione segnala «irregolarità» nella gara per l'Ilva

Venerdì 20 Luglio 2018
L'Autorità anti corruzione segnala «irregolarità» nella gara per l'Ilva
IL VERDETTO
ROMA Non ha perso tempo l'Anac di Raffaele Cantone. La risposta al ministro Di Maio, che appena l'11 luglio scorso chiedeva - in seguito ad una sollecitazione del governatore della Puglia, Michele Emiliano - di verificare la correttezza della procedura di aggiudicazione dell'Ilva alla cordata AmInvestco Italy capitanata dal colosso mondiale dell'acciao Arcelor Mittal, è arrivata: le criticità nell'iter della gara ci sono. E non sono nemmeno di poco conto: l'Anac le ha trovate nel rinvio di ben sei anni dell'attuazione del piano ambientale, elemento che «avrebbe potuto spingere più imprese a partecipare alla competizione, aumentando il livello di concorrenza e la qualità delle offerte»; nella non attuazione delle scadenze intermedie dello stesso piano ambientale; nella mancata possibilità di concedere rilanci nonostante la cordata perdente AcciaItalia fosse disposta a farli e la procedura iniziale li prevedesse.
L'Anticorruzione però non decreta l'annullamento della gara, ma passa tutto nelle mani del Ministero dello Sviluppo, ricordando che secondo le attuali normative le irregolarità non bastano a far scattare l'annullamento automatico, ma serve una decisione ad hoc dell'amministrazione che ha gestito il procedimento, la quale deve valutare se è preminente l'interesse pubblico allo stop della procedura. Insomma deve essere il ministro dello Sviluppo Economico a decidere. Di Maio, appena ricevuta la lettera di sette pagine dell'Autorità, ha informato il premier Conte e ha subito convocato a Palazzo Chigi una riunione straordinaria dei tecnici «per valutare i successivi passi da compiere».
LO SCENARIO
A parte le scontate polemiche (l'ex ministro Calenda chiede al governo di pubblicare per esteso la lettera dell'Anac) il verdetto dell'Anticorruzione è una bomba che rischia di far saltare in aria oltre due anni di lavoro e riportare il gruppo Ilva sull'orlo del baratro. Se Di Maio dovesse decidere di annullare tutto e ripartire daccapo, infatti, l'Ilva sarebbe costretta a chiudere per mancanza di soldi. I commissari straordinari hanno già fatto un mezzo miracolo nel garantire l'attività della produzione fino a metà settembre prossimo, consentendo così di rinviare la data del passaggio di consegna ai vincitori della gara già fissata per il 30 giugno scorso. Da settembre - senza un ulteriore e improbabile prestito dello Stato - le casse resteranno completamente a secco e non si potranno più pagare nemmeno gli stipendi degli oltre 14.000 dipendenti diretti. Si fermerebbero anche le bonifiche a Taranto. Per poter rifare la gara - o anche solo per riaprirne i termini - servirebbero molti mesi, forse anche un anno. Insomma la scelta ha solo due opzioni per l'Ilva: la vita o la morte. Nel primo caso si deve necessariamente andare avanti con gli attuali vincitori, nell'altro bisognerà prendere atto che l'Ilva chiuderà per sempre i suoi cancelli. A Taranto come a Genova e nel resto della Penisola. I sindacati sono preoccupatissimi e chiedono una decisione rapida. «È una situazione assurda e senza precedenti - dice Rocco Palombella, numero uno Uilm - occorre fare al più presto chiarezza sullintera vicenda e trovare prima possibile una soluzione nel pieno rispetto delle regole, che ponga finalmente la parola fine a questo girone infernale». E così Marco Bentivogli, leader Fim-Cisl: «Non spetta al sindacato valutare la regolarità dei procedimenti, quello che chiediamo al governo è di non far trscorrere altro tempo e di prendere una dceisione. Ulteriori ritardi continuano ad essere pagati dai lavoratori e dai cittadini e allontano le possibilità di rilancio e ambientalizzazione».
Giusy Franzese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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