Ius soli, il no dei centristi fa tremare Gentiloni

Martedì 18 Luglio 2017
«A settembre sullo ius soli sarà meglio cercare con pazienza un più largo consenso su un testo più condiviso. Perchè al Senato si deve portare solo ciò che ha già una maggioranza. Senza forzature». Diciassette senatori tra i quali Paolo Naccarato. Gal è il gruppo che più di tutti riassume gli umori di palazzo Madama. E se l'allarme lo lancia uno degli «stabilizzatori» della legislatura, significa che la corda è vicina a spezzarsi.
Il rinvio a settembre dello ius soli ha fatto scattare il campanello d'allarme sulla tenuta della maggioranza. L'avvicinarsi della fine della legislatura apre la caccia al seggio sicuro e al tempo stesso rende i partiti più rigidi nei contenuti. Come dimostra il no dei centristi e l'insistenza di Mdp che anche ieri ha chiesto di discutere dei cittadinanza ai minori prima della pausa estiva. Riaprire il testo, come vorrebbero anche i centristi di Ap, significa invece rimandare tutto alla prossima legislatura. «L'atto di debolezza del governo», come lo ha definito la leader Cgil Susanna Camusso, certifica una difficoltà congenita della maggioranza al Senato che il faticoso iter del ddl vaccini, che anche FI vota, conferma.
Il rinvio dello ius soli era quindi nelle cose anche se la motivazione del pericoloso intreccio con la vicenda migranti non piace al Pd e neppure a Enrico Letta che parla di «sciagurato cortocircuito comunicativo» perchè lo ius soli «non c'entra nulla con gli sbarchi». A destra è però questa la motivazione che si usa per giustificare il rinvio e il ministro Alfano in tv la fa propria festeggiando il rinvio e parlando di vittoria «del buon senso» e di «leadership» di Gentiloni.
Di ius soli si riparlerà a settembre e, evitato l'ostacolo parlamentare, l'esecutivo può riprendere la road map quirinalizia che punta sulla stabilità ed elezioni alla scadenza naturale della legislatura. Cioè a marzo-aprile 2018, come, d'altra parte, lo stesso Mattarella ha ipotizzato nell'intervista canadese a Bloomberg. Naturalmente di qui alla primavera prossima, il Quirinale confida si possa mettere mano anche alla legge elettorale. E soprattutto il governo Gentiloni dovrà definire la manovra finanziaria a metà ottobre per poi farla approvare dal Parlamento entro l'anno in modo da scongiurare l'esercizio provvisorio.
Resta però il problema dell'intesa dentro la maggioranza con Mdp che promette battaglia se non verranno recepite alcune loro richieste perché, come sostenuto da Roberto Speranza, «la partita decisiva si gioca ad ottobre». Il pressing che subisce Ap da destra, con la minaccia del leghista Roberto Maroni di tenere fuori i centristi da ogni alleanza se vota lo ius soli, irrita ma colpisce nel segno. Il risultato è quello di un Pd che mastica amaro per il rinvio ed è stretto tra il no di Alfano - destinato a durare anche in autunno - e il pressing di Mdp. Renzi ieri ha preso carta e penna per scrivere la sua enews, ma non una parola ha speso sullo ius soli. Il segretario del Pd aveva in un certo senso previsto un fine legislatura da ok corral con i numeri a palazzo Madama che renderanno difficile la navigazione. È per questo che molti dei suoi premono affinchè con Gentiloni e con lo stesso Mattarella chiarisca che il Pd non può essere l'unico garante della legislatura e che la maggioranza va rinsaldata ora chiamando Ap ed Mdp alle proprie resposabilità. Altrimenti il varo della legge di Bilancio rischia di essere un'avventura.
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