IL RISTORATORE
TREVISO «Forza Arturo. Sei una roccia e stai lottando con

Mercoledì 8 Aprile 2020
IL RISTORATORE
TREVISO «Forza Arturo. Sei una roccia e stai lottando con tutto te stesso. Noi siamo qui ad aspettarti». Martina, Michela, Nicola e Massimo Filippini, insieme a mamma Marisa contano le ore, i minuti. E vivono dei ricordi e dell'abbraccio della città in questo drammatico frangente. Arturo Filippini è in terapia intensiva. Uno dei padri della ristorazione trevigiana ha contratto il Covid 19 e da due settimane è ricoverato al Ca' Foncello, cosciente ma attaccato ad un respiratore. Le sue condizioni sono definite stabili. Sono i figli a raccontare come la malattia sia entrata dalla loro porta di casa, con l'imprevista banalità del male. «Il ristorante era già chiuso-spiega Nicola- papà era a casa con la mamma. Sarà andato una volta al supermercato. E si è ammalato».
IL DRAMMA
Martina, una dei figli di Arturo, racconta il dramma del Covid 19 vissuto dalla famiglia e dà voce all'angoscia di sua madre Marisa e dei suoi fratelli. «Scrivo questo agglomerato di parole ed emozioni nella speranza venga letto, compreso e condiviso. Oltre i decreti e le raccomandazioni. La voce di chi lo vive dovrebbe essere più alta a monito... ma capisco mentre scrivo che solo chi lo vive può comprendere appieno. Chi lo vive ed i medici. Si avvicina la Pasqua. Oggi per noi sono 15 giorni eterni con papà Arturo in ospedale. In terapia intensiva». La moglie e i figli appesi al filo del telefono, alle notizie, a quello che può riservare una nuova giornata. «Difficile tradurre il tempo. Per noi. Chissà lui come lo percepisce-continua Martina- l'ossigeno non è l'aria che respiriamo. H 24. La bestia è mutevole, cambia il quadro ogni quando. Non ci sono pregressi clinici che facciano fede e legge o cognizione di logica. Il covid nasce da troppo poco. I dati sono i nostri cari. I parametri sono loro». Arturo come altri patron dell'industria, fa parte della generazione della ricostruzione, di quella Treviso che si è rimboccata le maniche e ha saputo seguire il proprio sogno. Arrivato in città dall'Oltrepo pavese nel 1959 con Alfredo Beltrame ha costruito un sodalizio felicissimo diventando trevigiano d'elezione. Cortina, Roma, e le grandi capitali: El Toulà ha portato la ristorazione veneta nel mondo. Poi, dopo 55 anni, la pensione e il passaggio di testimone ai figli. Ma da quelle cucine, dalle sale di via Collalto Arturo non si è separato mai. Prima della chiusura imposta dalla pandemia.
IL LAVORO
«Mio padre è una roccia: ha 80 anni e lavorava 15 ore al giorno. Per lui la pensione era solo una parola. Non aveva mai perso la passione profonda per la cucina e la ristorazione- ribadisce Martina- I medici ci dicono che sta lottando come un leone. Se non lo facesse non sarebbe lui» prosegue Martina, che dà voce anche ai suoi fratelli. «Come l'abbia presa è un mistero- ribadiscono i figli- Ma ora siamo qui. Circondati da medici straordinari. Che ti mettono i piedi per terra e a giorni sotto terra perché devono trasmettere un quadro che può cambiare da un momento all'altro. Dall' ora in cui ti chiamano può cambiare il quadro. All'ora dopo. Al giorno dopo. Le famiglie dei covid 19 lo sanno. Ti scende oltre il dolore, l'attesa infinita che quando vedi il cellulare squillare e che deve rimanere libero h 24 come l'ossigeno, ti tremano le gambe, il cuore. Non sai mai cosa diranno. Però trovano il tempo per noi, quei preziosi 5 minuti che ci aiutano ad andare avanti. Sono uomini e donne straordinari. Hanno un'umanità che va ben oltre i bollettini». Così la famiglia di Arturo lancia un appello. «Pensateci bene a commettere leggerezze. Pasqua e pasquetta. Bisogna stare a casa. Perchè se arriverà un' ondata di ritorno sarà una scelta consapevole». Intanto i figli e la moglie scandiscono le giornate in attesa della telefonata dalla terapia intensiva. «Grazie ai medici che si prendono cura di Arturo. Se papà vince vincono anche un po' loro».
Elena Filini
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