IL RETROSCENA
ROMA Dicono a palazzo Chigi che oggi, appena concluso il vertice

Martedì 13 Novembre 2018
IL RETROSCENA
ROMA Dicono a palazzo Chigi che oggi, appena concluso il vertice sulla Libia a Palermo, Giuseppe Conte tornerà a Roma «e risolverà tutto». Ma nessuno nelle stanze del governo nasconde che l'allarme per la tenuta della maggioranza e del patto tra 5Stelle e Lega monta di ora in ora. Tant'è, che ieri non è stato possibile celebrare un incontro tra il premier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini sulla manovra di bilancio. Roba da separati in casa.
Il capo grillino - già irritato con il leghista per il sostegno all'Alta velocità e le stilettate contro Virginia Raggi, seguiti agli schiaffoni subiti nei giorni scorsi su decreto sicurezza e prescrizione - alle dieci del mattino è nella stanza di Conte. Insieme, come stabilito con un giro informale di telefonate domenica sera, attendono l'arrivo di Salvini. Di Maio viene descritto come una furia. «Salvini non si sta comportando lealmente», lamenta con il premier, «ha attaccato la Raggi, ha cavalcato la piazza di Torino contro la Tav a fini politici. Dicendo che quel tunnel va fatto, ha assunto una posizione strumentale, inopportuna e unilaterale. Nel contratto di governo c'è scritto che serve un'analisi costi-benefici, Salvini non può dire che si fa e basta. Così salta tutto».
Conte ascolta. Prova a calmare il suo azionista di maggioranza. Ma poco dopo le undici, quando ormai il ritardo di Salvini (impegnato alla Scuola di Polizia) ha sforato l'ora, si alza. Se ne va. E corre a incontrare la sindaca Chiara Appendino e darle «il pieno sostegno del Movimento».
Poco prima delle undici e trenta, nella stanza del premier si presenta Salvini. Chiede notizie di Di Maio. Conte allarga le braccia, gli racconta della sfuriata. E il capo della Lega, decisamente irritato, sibila: «Comincio a preoccuparmi sul serio per l'animosità di Di Maio. Non ha saputo tenere botta sul decreto sicurezza e sulla prescrizione e ora fa il pazzo sulla Tav. Temo che non abbia la perfetta tenuta del partito».
Raccontano, fonti leghiste, che Conte abbia annuito. Salvini, in realtà, non ha intenzione di andare al muro contro muro sull'Alta velocità. È pronto a chiudere un occhio. A lasciare la linea ferroviaria tra Torino e Lione al proprio destino, se sarà necessario. Non ora, ma a gennaio. «Quello che dovevo fare l'ho fatto», dice il leader leghista ai suoi, «ho mandato i nostri parlamentari in piazza, ho detto che la Tav va realizzata. Ma è vero che c'è da fare l'analisi costi-benefici e se andrà male, dovremmo prenderne atto. Terzo Valico e Pedemontana invece si faranno. E basta». Segue altra considerazione aperturista: «Del resto anche la Francia ha detto che ci possiamo prendere il tempo necessario per decidere sulla Tav...».
A conti fatti, comunque il vertice salta. E sui media si rincorrono smentite e precisazioni. Prima viene annunciato il summit a tre. Poi si parla solo dell'incontro tra Conte e Salvini, con Rocco Casalino costretto a dire: «Non c'è stato alcun vertice, non era previsto. C'è stato un fraintendimento. Di Maio era nel suo ufficio al terzo piano». Infine viene dato l'annuncio che anche il capo grillino ha incontrato il premier.
IL RILANCIO 5STELLE
Uno psicodramma che mostra, plasticamente, il grado di tensione. Tra Lega e 5Stelle, in vista delle elezioni europee, è iniziata una lotta senza esclusioni di colpi. E la prova arriva dalle parole dell'ascoltato sottosegretario grillino Stefano Buffagni che, a freddo, rilancia la questione del conflitto d'interessi: «Non si può più rimandare. Questo Paese ha avuto 20 anni di Berlusconi che ha bloccato il settore dell'audiovisivo, monopolizzando le televisioni. Credo che il M5S, che è nato su quelle battaglie, non possa dimenticarsi da dove arriva e debba ricordare a tutti che questo è un tema importante».
Insomma, un moto e un sussulto identitario. Esattamente come il no alla Tav, imprescindibile per i 5Stelle dopo aver dovuto ingoiare il gasdotto Tap. E un modo, neppure tanto mascherato, per provare a smontare definitivamente il centrodestra e quel che resta dell'alleanza tra Silvio Berlusconi e la Lega. Tant'è, che Salvini replica a stretto giro: «Una legge sul conflitto d'interessi non è una mia priorità». Punto. Peccato che poco dopo il Guardasigilli Alfonso Bonafede rilancia, tale e quale, la proposta di Buffagni.
La guerra è cominciata da settimane e andrà avanti.
A.G.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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