IL RETROSCENA
PALERMO Convincere Serraj e Haftar a sedersi allo stesso tavolo

Martedì 13 Novembre 2018
IL RETROSCENA
PALERMO Convincere Serraj e Haftar a sedersi allo stesso tavolo è stato ieri più o meno complicato quanto mettere insieme Di Maio e Salvini. Al premier Giuseppe Conte i due leader libici hanno reso la serata difficile, quanto i due vicepremier che è costretto ormai ad incontrare separatamente.
Alla fine però Conte ricava maggiori soddisfazioni a Palermo più che a Roma perché, dopo un lungo tira e molla, il generale Haftar cede e sale sull'aereo fornito dalla presidenza del Consiglio italiana che da Bengasi lo porta a Palermo.
LE DELEGAZIONI
A Villa Igiea sono già raccolte le trentotto delegazioni e una decina di capi di stato e di governo pronti per la cena e una serie di incontri bilaterali che Giuseppe Conte, in veste di padrone di casa, organizza. Il primo - in piedi e davanti ai reporter - è proprio tra il presidente del Consiglio italiano e l'uomo forte di Tobruk che per l'intera giornata tiene con il fiato sospeso palazzo Chigi e Ghassan Salamé, l'inviato delle Nazioni Unite in Libia. Da giorni l'uomo forte della Cirenaica, che ambisce a restare alla guida dell'esercito libico anche dopo le agognate elezioni, faceva le bizze confermando e smentendo la partecipazione alla Conferenza di Palermo. L'arrivo del presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi - tornato in Italia dopo quattro anni - e la presenza del ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian e del primo ministro russo Dmitrij Medved, devono alla fine aver convinto Haftar a varcare il Mediterraneo.
Alle otto e trenta di sera, senza divisa e chiuso in un abbottonatissimo cappotto, Haftar si presenta al cancello di Villa Igiea e viene accolto dal premier Conte visibilmente sollevato. Una stretta di mano, una chiacchierata in piedi, e la promessa di rivedersi l'indomani perchè Haftar non ha voluto sedersi a cena allo stesso tavolo con Fayez Sarraj, premier del governo di unità nazionale di Tripoli, Aguila Saleh, presidente del parlamento di Tobruk e Khaled Al Meshri, presidente del Consiglio di Stato (Senato ndr) di Tripoli.
Una Conferenza sulla Libia senza il generale Haftar sarebbe stata poco concludente, ma per capire a quale prezzo l'Italia abbia ottenuto la presenza dell'uomo che più ha combattuto Serraj, occorre forse andare a quell'incontro che giovedì scorso a Mosca ha avuto Alberto Manenti, capo uscente dei servizi segreti italiani, con lo stesso Haftar.
UN PROFILO BASSO
Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno mandato a Palermo David Satterfield, un ambasciatore assistente del segretario di Stato Usa Mike Pompeo. Anche se Washington non disdegna l'ingresso di imprese americane sul mercato del greggio libico, la defilata presenza della Casa Bianca dimostra ancora una volta che gli americani si occupano di Libia solo in termini di sicurezza e lotta al terrorismo. Lo hanno dimostrato a marzo quando hanno distrutto con le bombe gli insediamenti dell'Isis a Sirte. La Russia di Putin ha forti interessi geostrategici nell'area e la Libia ne è un caposaldo importante soprattutto in funzione siriana. La Conferenza di Palermo permette a Putin di attrarre a sé l'Italia che, priva della sponda Europea per la defezione di Macron e Merkel, si è affidata anche ieri a Mosca. E così ottiene l'arrivo di Haftar ma rischia di compromettere il lungo legame dell'Italia con Sarraj, unico leader libico riconosciuto dalla comunità internazionale, che non sembra aver gradito la ribalta ottenuta dal generale e che rischia di indebolirlo ulteriormente.
L'Italia di Conte si continua a muovere con estrema cautela in uno scenario dove gli interessi italiani non dovrebbero essere solo legati al blocco degli sbarchi e ai problemi relativi all'immigrazione. Dalla Conferenza di Palermo nessuno si attende risultati concreti, ma può rappresentare un passaggio decisivo in vista di quella conferenza in Libia che si dovrebbe tenere a gennaio, così come previsto dal piano messo a punto da Salamé e che l'Italia, con il ministro degli Esteri Enzo Moavero, sostiene. Per l'Italia è un successo aver portato a Palermo il presidente egiziano Al Sisi come il generale Haftar. Un obiettivo difficile da conseguire alla vigilia e che rafforza l'immagine di Conte come mediatore sullo scenario internazionale come su quello interno. Ma in Italia i successi internazionali non hanno quasi mai contribuito a sollevare i destini di un governo e Conte da domani, in vista della legge di Bilancio che inizia il suo iter in Parlamento, dovrà tornare ad occuparsi di come riportare Di Maio e Salvini al tavolo delle trattative.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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