IL REPORTAGE
GENOVA Il vigile del fuoco scuote la testa: «Scavi, scavi,

Mercoledì 15 Agosto 2018
IL REPORTAGE
GENOVA Il vigile del fuoco scuote la testa: «Scavi, scavi, non vuoi e non puoi fermarti, poi quando trovi il bambino, il corpo del bambino, vorresti finirla lì, ma vai avanti». Sospira. Alle sue spalle c'è il vuoto lasciato dal Ponte Morandi, tratto autostradale dell'A10, crollato a mezzogiorno mentre Genova era scossa da un nubifragio violento, un fulmine, poi il boato, mai sentito così forte. Alle 8 della sera i bilanci delle vittime e dei feriti sono fragili come il ponte: la Prefettura ha accertato 26 vittime, il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sulla base delle notizie che arrivano dagli ospedali, teme che siano almeno 35, chi, con l'aiuto dei cani, continua a cercare tra le macerie, dice sottovoce che forse alla fine saranno quasi il doppio. E che certo, ci sperano nella notte, nel miracolo, nella possibilità di trovare un sopravvissuto, ma i cani non stanno sentendo nulla, il peso della parte di ponte crollata è tale che è difficile pensare che possano essersi formate delle aree protette. «Ma noi lavoreremo tutta la notte, non ci si arrende mai» dice Luca Cari, portavoce dei vigili del fuoco, impegnati con 250 uomini.
LA SITUAZIONE
Il problema è che non bisogna pensare solo alla trentina di auto e camion che stavano percorrendo il Ponte Morandi, per le partenze di Ferragosto o per lavoro, ma anche a chi stava sotto, perché le arcate passano sopra al ruscello Polcevera, ma anche a un'altra strada di quartiere, lungo l'argine, dove in quel momento transitavano alcune auto. Sotto c'è l'isola ecologica dell'Amiu, l'azienda dei rifiuti di Genova, e due operai che erano nel deposito sono tra le vittime. Un operatore dell'Amiu, alla guida di un furgoncino è al momento tra i dispersi, ma si teme il peggio: i soccorritori ieri notte vedevano una parte del veicolo con la targa dell'azienda ma per arrivare a lui ci vorranno ore. C'è il rischio che le macerie del ponte abbiano schiacciato automobili di passaggio. Un ragazzo che stava guidando il furgone proprio su quella strada che adesso è occupata da tonnellate di macerie, Flavio Redolfo, ha sfiorato la morte. Un camion gli è precipitato davanti assieme ad una parte delle macerie: «È crollato davanti ai miei occhi, fossi stato cento metri più avanti sarei morto anche io. Chissà, mi ha salvato un semaforo rosso o il caffè che mi sono fermato a bere». Poco più in là, subito dopo i capannoni, ci sono i condomini, c'è il quartiere di Rivarolo, che è stato evacuato, perché la parte rimasta in piedi del ponte è uno sfregio interrotto nel cielo, c'è il timore di nuovi crolli, sotto non si può restare. E allora vedi le persone andarsene, spaventate ma anche con la sensazione di essere miracolate, con le valigie, chi con il gatto nella gabbia, verso il centro di accoglienza allestito dal Comune.
Dall'altro lato, appena prima del vuoto, del ponte che non c'è più, ci sono due camion fermi sul baratro. Anche loro possono parlare di destino, miracolo, fortuna, perché per pochi metri non sono stati inghiottiti nel vuoto, non sono caduti per decine di metri come gli altri automobilisti. Negli ospedali di Genova arrivano molti codici rossi, due feriti vengono operati, medici e infermieri sono stati richiamati dalle ferie. «Una catastrofe - dice un vigile urbano, che fissa il vuoto, ma che in realtà ripensa al ponte come era prima - Ora Genova è divisa in due, da questa parte, da Sampierdarena e Rivarolo, devi fare stradine secondarie per raggiungere il centro o l'aeroporto. Ma di qui devi passare per andare in Francia, venendo da est».
IL SIMBOLO
Ponte Morandi, detto anche il ponte di Brooklyn, era un'arteria pulsante di Genova, simbolo di una città stretta vicino al mare, fatta di viadotti e sopraelevate che sfiorano le case come forse vedi solo a Hong Kong. Quando fu costruito, in cemento armato, tra il 1963 e il 1967, era considerato all'avanguardia per la progettazione e le tecnologie utilizzate. Lungo quasi 1,2 chilometri, ha un'altezza di 45 metri, mentre i tre piloni di cemento armato sono alti il doppio. Secondo gli esperti ce ne sono solo due simili al mondo, in Venezuela e in Libia. Realizzato in cemento armato, i cavi di tenuta sono coperti dal calcestruzzo: si chiamano cavi precompressi, un'invenzione di Riccardo Morandi che all'epoca della costruzione era considerata una novità assoluta.
LE ACCUSE
Ora c'è chi pensa che possa essere anche la chiave per spiegare la tragedia. Secondo alcuni esperti, i cavi compressi all'interno del calcestruzzo non consentono di avere una visione costante del reale deterioramento del materiale e dunque già negli anni Ottanta si comprese che sarebbero stati necessari ingenti investimenti per monitorare la situazione e mantenerlo in sicurezza. Problema: negli anni Sessanta il traffico non era quello di oggi, con il passaggio di 25 milioni di veicoli all'anno. Autostrade nega che fossero in corso lavori di manutenzione. C'erano però dei mezzi e degli esperti che monitoravano le condizioni di Ponte Morandi, in vista di nuovi lavori di manutenzione nel 2019, un appalto già assegnato per 20 milioni di euro mentre il progetto di realizzare una strada alternativa che aggirasse Genova è rimasto impantanato da decenni, tra la preoccupazione per un nuovo investimento e le proteste degli ambientalisti contrari al progetto della gronda genovese.
I testimoni raccontano anzi che i jersey e il ponte sospeso di controllo erano proprio all'altezza del pilone Est, quello crollato. E poi c'è chi ripensa al fulmine che avrebbe colpito il pilone pochi attimi prima della tragedia. Davvero potrebbe essere stata quella la causa, o la concausa del crollo? Racconta la signora Mara Ravano, che abita a pochi metri da uno dei piloni di Ponte Morandi: «Tuonava forte, quando ho sentito il boato, pensavo fosse stato il temporale. Siamo dovuti fuggire, ci hanno detto che poteva crollare quel troncone».
Temporale, fulmine, boato, il crollo. Gli esperti però non credono a questa tesi: in letteratura non esiste un solo precedente di un ponte crollato perché colpito dal fulmine. E poi gli allarmi su quel ponte si sono succeduti più volte nel tempo. Antonio Brencich, docente dell'università di Genova, aveva lanciato l'allarme tempo fa annunciando che c'era un forte rischio che l'intero ponte crollasse proprio perché quei tiranti in calcestruzzo non erano sicuri. E c'è chi, dalla Confindustria locale, provocatoriamente aveva dato un decennio di tempo. «Già alla fine degli anni novanta i costi della manutenzione del ponte avevano superato quelli di realizzazione e non c'era comunque la certezza che reggesse», ha spiegato Brencich. Anche gli altri ponti di Morandi, ha detto, hanno avuto problemi e sono stati tenuti su a forza di rattoppi.
L'INCHIESTA
Il procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio, arrivato a Genova da poco dopo una lunga esperienza a Roma, per il momento ha avviato un fascicolo per disastro e omicidio plurimo colposi, senza iscrivere nomi sul registro degli indagati: tutte le ipotesi sono allo studio, le prime informative sono arrivate ieri pomeriggio in procura ma raccontano semplicemente la dinamica dei fatti.
Sul suo tavolo stanno arrivando tutte le relazioni di servizio, da parte di Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia di Stato. Alessandra Bucci, comandante del gruppo pronto intervento della Polizia, quello che con le volanti pattuglia il territorio, è stata tra le prime ad accorrere sul posto: «Mi ha avvisato un funzionario di turno, ma quando mi ha detto che era crollato un ponte non pensavo si riferisse al Morandi che fa parte della principale arteria della città. In pochi minuti siamo riusciti a mandare sul posto tutte le volanti, il turno di notte che aveva appena staccato, quelli che dovevano arrivare e sono rientrati anche nella Sala operativa. Purtroppo, la prima scena che mi sono trovata davanti è stata quella di una macchina schiacciata, un'intera famiglia. È stata davvero l'apocalisse».
Mauro Evangelisti
Sara Menafra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci