IL RACCONTO
GENOVA Quando l'imam Mohamed Dachan e il presidente della Comunità

Domenica 19 Agosto 2018
IL RACCONTO
GENOVA Quando l'imam Mohamed Dachan e il presidente della Comunità islamica di Genova, Hussein Salah, lasciano il padiglione della Fiera dove sono appena terminati i funerali di Stato di una parte delle vittime del crollo di Ponte Morandi, dal pubblico, dai cittadini genovesi, si alza un applauso che li accompagna per tutto il percorso. «Anche noi siamo rimasti sorpresi», ammette un ragazzo musulmano. Lo stesso era successo durante la cerimonia, quando il cardinal Angelo Bagnasco, che ha celebrato la messa, ha spiegato che sarebbe stato concesso un po' di tempo alla comunità islamica per ricordare due giovani musulmani morte nel crollo, Marjus Djerri, 22 anni, e Admir Bokrina, 32. A quel punto la folta comunità albanese, che si è stretta attorno alla famiglia in modo molto composto (in molti hanno notato che al termine del funerale tutti hanno ripulito la zona in cui hanno assistito al funerale, raccogliendo la bottigliette di plastica) si è avvicinata al feretro dei due ragazzi. L'Imam ha spiegato che Genova saprà rialzarsi, che il crollo di un ponte, fisico o metaforico, provoca sempre un grande dolore, «preghiamo perché la Pace sia per tutti voi, per l'Italia, per gli italiani». Anche in quel momento dai 4.000 che hanno assistito al funerale si è sollevato un applauso sincero.
DOLORE
Ecco, chi ama le semplificazioni banali, direbbe che è anomalo che la stessa folla che ha applaudito il leader della Lega, Matteo Salvini, abbia acclamato e incoraggiato i rappresentanti della comunità islamica. Commenta Salah Hussein: «Anche noi siamo cittadini di Genova, nei momenti belli e in quelli del dolore, avremmo partecipato a questi funerali anche se non ci fossero state le vittime musulmane. Abbiamo voluto rinsaldare il ponte di comunicazione con la città, l'accoglienza che abbiamo avuto, sono sincero, ci ha fatto molto piacere. Significa che il ponte Morandi, purtroppo, è crollato, ed è una cosa molto triste, ma è rimasto saldo il ponte della comunicazione del dialogo». Marjus e Admir il 14 agosto stavano andando a lavorare, a bordo di un furgoncino di una ditta di pulizie. Il più giovane giocava nella squadra ligure di calcio del Campi Corniglianese, in seconda categoria, era un attaccante. Ieri, per l'ultimo saluto, c'erano tutti i suoi compagni di squadra, indossavano la casacca nero-verde. La stessa che era stata adagiata sulla bara, firmata da tutti i componenti del team. Ricorda Matteo, compagno di squadra di Edi: «Era un ragazzo allegro, molto ben voluto da tutti. Il campo da allenamento è proprio a cinquecento metri dal ponte. Era un po' la nostra mascotte, aveva sempre un sorriso, anche quando le partite andavano male. Ci mancherà». Lo zio di Admir invece ha sottolineato: «Siamo arrabbiati, ovviamente, perché abbiamo perso un nostro caro. Crediamo e speriamo sia fatta giustizia». La madre del ragazzo: «Stava andando a lavorare, io ero in Albania, ho sentito in televisione che era crollato un ponte a Genova».
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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