IL PROCESSO
VENEZIA Cinque, dieci chilometri orari al massimo, che avrebbero

Venerdì 20 Dicembre 2019
IL PROCESSO
VENEZIA Cinque, dieci chilometri orari al massimo, che avrebbero potuto fare la differenza per la difesa di Marius Alin Marinica - 27 anni, romeno, elettricista - ai domiciliari da luglio con l'accusa di omicidio stradale plurimo, lesioni e fuga per aver speronato e mandato fuori strada la macchina su cui viaggiavano cinque ventiduenni di Musile di Piave, Riccardo Laugeni, Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo (tutti morti nella carambola fatale) e Giorgia Diral, unica sopravvissuta a quella notte tra il 13 e il 14 luglio in via Pesarona, a Ca' Nani, frazione di Jesolo. Per capire se si tratta di ipotesi o di realtà, il giudice dell'udienza preliminare Barbara Lancieri ha disposto - come sollecitato dall'avvocato difensore Rodolfo Marigonda - una perizia tecnica che verrà affidata all'ingegnere Cristina Deddo il prossimo 7 gennaio, quando entrerà nel vivo il processo in abbreviato a cui Marius Alin Marinica è stato ammesso ieri mattina. Una scelta che permetterà al ventisettenne - ieri in aula assieme ai parenti delle vittime, senza che tra le due parti ci fossero sguardi o momenti visibili di tensione - di ottenere lo sconto di un terzo sulla pena finale. Dopo che nelle scorse settimane il pubblico ministero Giovanni Gasparini aveva rispedito al mittente la proposta di patteggiamento a 5 anni.
L'APPROFONDIMENTO
Nucleo della perizia decisa dal gip nonostante il parere contrario del pm, sarà il nesso causale tra la velocità delle auto e la caduta nel canale della Ford Fiesta guidata da Riccardo Laugeni, dopo una carambola iniziata con il salto del guardrail. A causare il testacoda mortale, lo speronamento sulla fiancata anteriore sinistra dell'auto dei cinque amici da parte della Golf bianca di Marinica, di rientro da un sorpasso. Secondo la difesa - e anche questo sarà uno dei nodi da affrontare nella consulenza - se l'auto dei ragazzi avesse viaggiato a 5/10 chilometri orari in meno rispetto ai 75/80 cristallizzati da una consulenza del pm, una volta speronata avrebbe potuto evitare il salto e si sarebbe fermata, per via dell'impatto, con il guardrail stesso.
LA RICOSTRUZIONE
Difficile quindi che venga messa in discussione la consulenza del pm secondo cui la colpa di quanto successo è tutta da attribuire ad Alin Marius Marinica. In un elaborato di trenta pagine vengono ricostruite dettagliatamente le manovre della Golf, evidenziando una lunga serie di violazioni al Codice della strada: il ventisettenne si lanciò in un sorpasso a circa 100 chilometri all'ora, 30 più del consentito, in un tratto di strada con linea continua, e dunque divieto di sorpasso, perché in curva e per la presenza di alcuni incroci. Nessuna colpa invece per l'auto dei cinque amici, nonostante la Fiesta viaggiasse di poco oltre il limite massimo: «non risulta in nesso causale con il sinistro», scrive il consulente del pm, in quanto quella leggera curva a sinistra poteva essere tranquillamente affrontata anche a 130-140 chilometri all'ora. A causare l'uscita di strada, lo speronamento da parte della Golf, in fase di rientro da un sorpasso. In chiusura d'udienza, la costituzione di parte civile dei parenti delle vittime e di Eleonora Frasson, unica sopravvissuta. A rappresentarli gli avvocati Guido Simonetti, Leonardo De Luca, Simone Zancani e Fabiola Ceolin.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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