Il Frollo di Notre Dame de Paris: «Il mio successo grazie alla cattedrale»

Mercoledì 17 Aprile 2019
Il Frollo di Notre Dame de Paris: «Il mio successo grazie alla cattedrale»
«Qui crolla il tempo delle cattedrali. La pietra sarà dura, come la realtà». La musica è di Riccardo Cocciante, la strofa appartiene ad una delle canzoni più celebri del musical Notre Dame de Paris. Oggi la «dura realtà» è il fuoco che divora una delle cattedrali più famose del mondo.
Incollato davanti alla televisione, con il cuore in gola e con le lacrime agli occhi, lunedì sera c'era anche uno dei principali protagonisti di quel musical dal successo planetario. Vittorio Matteucci, cantante e attore nato a Livorno ma padovano fin da bambino, deve infatti gran parte della sua meravigliosa carriera al simbolo di Notre Dame. «Per tutti è un luogo sacro, per me lo è ancor di più» dice con un filo di voce, senza staccare gli occhi dalle immagini della guglia che crolla.
Cosa rappresenta per lei quel luogo?
«Spiegare un sentimento è impossibile. Nella finzione io sono l'arcidiacono Frollo, e quella è la mia cattedrale. Mi rendo conto che è un'esagerazione, ma la sensazione che ho provato è di esser stato ferito io stesso. A quella cattedrale devo moltissimo: se non fosse esistita, e se Victor Hugo non avesse scritto di lei, il mio successo non ci sarebbe mai stato».
Come ha vissuto la serata di lunedì?
«Con il timore che la cattedrale potesse crollare interamente da un momento all'altro. Avevo nella mente l'11 Settembre, quando fino all'ultimo si sperava che la seconda torre reggesse e invece poi all'improvviso è collassata su se stessa. Pensavo a come sarebbe stato ripartire con la tournée a settembre e trovarci con una tristezza infinita, come se noi fossimo gli ultimi testimoni di una cosa sparita. Mi sono sentito in un mondo apocalittico. Quello che è successo ci ricorda che anche ciò che è imponente può essere fragile».
La cattedrale è devastata, ma almeno è salva.
«Sì, a notte fonda ho tirato un sospiro di sollievo. Il cedimento strutturale per fortuna non c'è stato e io sogno di vederla risorgere dalle ceneri proprio come il nostro meraviglioso teatro, la Fenice».
Ripartire con le prove musicali che effetto farà?
«Ci sentiremo testimoni di un tempo passato ma avremo la consapevolezza che anche in futuro Notre Dame sarà simbolo di tante cose. Con questo luogo avrò sempre un legame indissolubile fondato sulla gratitudine. Nelle prossime esibizioni il pensiero sarà rivolto alla ricostruzione e sono certo che anche la produzione del musical avrà una particolare sensibilità».
Nella finzione, lei vive dentro quella cattedrale. Ma nella realtà quando l'ha vista per l'ultima volta?
«Ci sono stato solo una volta, con la famiglia, 25 anni fa: ricordo che la trovai meravigliosa, e ancora non sapevo che mi avrebbe dato così tanto. Ora ho un motivo in più per tornarci. Per un amante della musica, della pittura e della scultura come me, quella cattedrale è un dizionario dell'arte».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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