IL CASO
PALERMO Ha scelto di arrivare con l'ultimo volo, probabilmente per fare

Martedì 13 Novembre 2018
IL CASO
PALERMO Ha scelto di arrivare con l'ultimo volo, probabilmente per fare il suo ingresso da star. Il generale Khalifa Haftar è atterrato a Palermo alle 20,30 circa, praticamente durante la cena tra capi di Stato e di governo, ministri e sottosegretari. La decisione si è fatta attendere per tutta la giornata, e l'ok si è avuto dopo un pomeriggio al cardiopalmo, con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi in prima linea a mediare per la partecipazione. Alcune indiscrezioni raccontano di un aereo italiano partito all'ora di pranzo in direzione di Bengasi, e tornato vuoto. Poi ripartito e finalmente arrivato a Palermo con l'ospite tanto atteso.
FORTI PRESSIONI
Dietro la decisione di mollare la presa ci sarebbero le «forti pressioni» egiziane, alle quali il feldmaresciallo non ha potuto continuare a dire di no, visto che il rais del Cairo è tra i suoi maggiori sostenitori, insieme con la Francia, la Russia e gli Emirati. E allora, un po' sbuffando un po' protestando, dopo aver oscurato gli altri ospiti, ha fatto il suo ingresso a Villa Igiea. Ma solo per un saluto sul tappeto rosso a favore di telecamere, con il premier Giuseppe Conte. L'uomo che comanda la Cirenaica ha scelto di non partecipare al welcome dinner, ed è tornato in albergo solo a cena finita per rincontrare il nostro presidente del Consiglio. L'ha avuta vinta lui ed è riuscito a ottenere un bilaterale che si è svolto alle 23 di ieri. Viste le premesse, è facile immaginare che non sarà presente alla plenaria prevista per oggi. Quindi, quali saranno i risultati? Segnali di malessere dalla sua delegazione si sono fatti sentire per tutta la giornata: il deputato Ali Saidi, di Tobruk, ha lasciato per protesta il tavolo tecnico sulla situazione economica. In realtà, qualche passo in avanti questo pomeriggio di lavoro sarebbe riuscito a farlo. I contrasti interni alle fazioni libiche avevano fatto preferire una iniziale soluzione di quattro incontri bilaterali per discutere della questione economica. Alla fine, però, si è tenuta una plenaria tecnica, con al centro il lavoro dell'inviato Onu Ghassan Salamè. La discussione è stata puntata sul superamento del principio della bipartizione tra banche centrali ed enti petroliferi. Il vero nodo della spaccatura all'interno del paese, anche perché, finché le risorse verranno gestite in maniera doppia, da Tripoli e da Bengasi, non si potrà parlare di ridistribuzione del denaro.
La sessione si è conclusa con l'ok al lavoro di Salamè. È stato predisposto un audit a cura delle Nazioni Unite dal quale uscirà un bilancio certificato. Il massimo della trasparenza possibile, che permetterebbe di unificare quella valanga di miliardi prodotti dal petrolio sotto un'unica banca centrale.
LA ROAD MAP
Durante i lavori sarebbe stata concordata una road map che porterà gradualmente a questa unificazione, sotto la vigilanza dell'Onu, della Francia, dell'Italia e dei paesi dell'area. Una sorta di comitato di garanti per la trasparenza. Salamè ha già ottenuto due incontri con i capi delle banche centrali. E il progetto verrà sottoposto oggi all'endorsement politico, sempre che la discussione non naufraghi davanti alle piccole rivendicazioni personali.
Nonostante disorganizzazione e incognite, l'Italia sembra aver cercato di evitare in questa Conferenza gli errori commessi dalla Francia a maggio scorso. E ha allargato non solo all'Egitto, all'Algeria, alla Tunisia, paesi che hanno grande interesse alla stabilizzazione, ma anche alla Turchia, al Qatar e agli Emirati, riuscendo a mettere insieme praticamente il diavolo e l'acqua santa. In questo disegno di interesse generale è più chiaro perché Parigi abbia mostrato buona volontà. Con l'arrivo all'orizzonte della Russia e il ricostituirsi di Daesh sul litorale centro-nord della Libia, l'intesa è necessaria e urgente per chiunque abbia interessi in quel paese.
Cristiana Mangani
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