I vicepremier bloccano Conte Torna lo scontro con Bruxelles

Sabato 8 Dicembre 2018
IL RETROSCENA
ROMA «Eviteremo la procedura», garantisce Luigi Di Maio quasi per esorcizzare la stroncatura di Bruxelles. Ma a palazzo Chigi, nel giorno in cui la Camera vota la fiducia a una manovra che andrà quasi completamente riscritta in Senato, la tensione si taglia con il coltello. Giuseppe Conte, che poco prima di pranzo incontra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti per fare il punto della trattativa con la Commissione europea, non nasconde le difficoltà: «E' difficile, molto difficile. A Bruxelles stanno prevalendo i falchi».
Un grido di allarme, quello del premier, che arriva dopo l'ennesimo braccio di ferro con Salvini e con Luigi Di Maio. Conte, assente il ministro dell'Economia Giovanni Tria ormai emarginato e in aperto dissenso, è alla disperata ricerca di un'intesa con la Commissione europea che scongiuri la dolorossissima procedura d'infrazione. E per riuscire nell'impresa, è tornato alla carica con i vicepremier chiedendo un rinvio a giugno del reddito di cittadinanza e di quota 100 per le pensioni. Obiettivo: scendere almeno al 2% del rapporto deficit-Pil. Ma Salvini e Di Maio hanno risposto di nuovo picche. Non solo. Per convincere il capo 5Stelle a non arretrare, è sceso in campo perfino Beppe Grillo, tornato a parlare apertamente di politica: «Il Reddito si farà e partirà nei primi mesi del 2019».
Davanti al muro alzato dai vicepremier, Conte ha provato a sondare Pierre Moscovici. Ma il commissario agli Affari economici non ha concesso grandi margini. Anzi. Così, a sera, da palazzo Chigi filtra tutta l'irritazione e l'allarme del premier: «Qui non contano più i numerini, sta prevalendo un disegno politico. Con Macron e la Merkel in forte difficoltà, l'establishment europeo non può permettere che il governo populista possa vincere la partita sul deficit. Si vota a maggio e ciò per i falchi di Bruxelles sarebbe inaccettabile. Vogliono farci fare la fine del greco Tsipras...». Il premier greco che nel 2015 fu punito duramente da Commissione e mercati, dovette rivedere tutte le promesse elettorali, e la Grecia finì sotto la Troika.
Il nodo resta la quota cui fissare l'asticella del deficit. Conte è riuscito a convincere Salvini e Di Maio a farlo scendere dal 2,4%, che ha innescato la procedura d'infrazione, al 2,1%. 5,4 miliardi di spesa in meno: 2 prelevati dal reddito, 2 da quota 100 e 1,4 da tagli non ben definiti. La Commissione, invece, è ferma all'1,9%, soglia che garantirebbe una discesa, seppur minima, del deficit strutturale. Bruxelles, insomma, chiede al governo italiano uno sforzo aggiuntivo di 3,6 miliardi. Ma per palazzo Chigi «è inaccettabile». «E' una richiesta folle. «Con quelle cifre», dice una fonte autorevole, «non potremmo fare nulla. A questo punto andiamo avanti con una trattativa serrata, al sangue. Se va male, a Bruxelles se ne assumeranno la responsabilità».
Conte ancora spera di poter raggiungere un'intesa sul 2%. Un epilogo che comporterebbe un ulteriore taglio, rispetto ai 5,4 miliardi già accantonati, di 1,8 miliardi. Con due problemi: anche su questa limatura Salvini e soprattutto Di Maio resistono. E Juncker non ha dato luce verde.
Anche per questo non è stato ancora fissato l'incontro tra il premier italiano e il presidente della Commissione. A Bruxelles, dopo che giovedì era stato smentito il vertice di martedì a Strasburgo, adesso parlano di un incontro «la prossima settimana». Ma non dicono quando sarà. E' probabile che alla fine i due finiranno a cena mercoledì nella capitale belga, alla vigilia del Consiglio europeo.
IL MINISTRO ISOLATO
A rendere più complessa la trattativa è l'isolamento in cui è finito Tria. Tutti, da Conte a Salvini, da Di Maio allo stesso ministro dell'Economia, ieri hanno smentito l'ipotesi delle dimissioni («l'ipotesi non esiste»). Ma Tria si è dissociato platealmente dalla linea indicata dai due vicepremier, l'ha definita «inadeguata» e «insufficiente» per scongiurare la procedura d'infrazione. E mentre la Camera discuteva e votava la fiducia alla manovra, il ministro prima è andato a Venezia a un incontro dell'Ocse. Poi, è apparso alla Scala per l'Attila di Verdi. Proprio lì, dove l'establishment e le élite aborrite dal governo giallo-verde hanno tributato 3 minuti di standing ovation a Sergio Mattarella.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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