I geologi: «Primavera ad alto rischio Con i boschi nudi la neve scivolerà»

Martedì 6 Novembre 2018
I geologi: «Primavera ad alto rischio Con i boschi nudi la neve scivolerà»
LE PREVISIONI
L'inferno dei giorni scorsi presenterà il conto in più fasi e potrebbero servire anni prima di tornare in sicurezza. Quanti? Difficile dirlo, nemmeno i geologi si sbilanciano. Intanto la pioggia proseguirà per l'intera settimana, anche se non intensa. Neve, invece, solo oltre i duemila metri. Poi le temperature al di sopra della media che non chiamano nulla di buono. Sono indice che continua ad arrivare aria umida dal Mediterraneo che carica il cielo che quando deciderà di scaricare non si sa mai con quanta violenza lo farà. «Non c'è una situazione stabile, ma nemmeno disastrosa come una settimana fa quando ci sono state precipitazioni record e raffiche di vento che hanno raggiunto i 190 chilometri all'ora. Diciamo che siamo in una sorta di limbo» spiega Antonino Bonan, meteorologo dell'Arpav nel fare le previsioni dei prossimi giorni, almeno fino a venerdì. «Nel Bellunese le precipitazioni sono più intese rispetto al resto della regione, ma non sono tali da avere conseguenze sul suolo, non so però se ci sono situazioni compromesse al punto tale che bastano anche delle normali piogge per creare smottamenti». Per quanto riguarda il vento - che come un tornado forza quattro una settimana fa ha sradicato alberi e scoperchiato case - non dovrebbe ripresentarsi, almeno fino a domani. «La situazione si manterrà instabile con ampie nuvole fino a venerdì - conclude il meteorologo - e non c'è per ora il rischio neve a bassa quota».
L'ALLARME TEMPO
Anche se la neve potrebbe non essere poi così nefasta. «Le nevicate possono congelare la situazione - spiega Niccolò Iandelli, consigliere dell'Ordine veneto dei geologi - la situazioni più critica sarà in primavera quando la neve si scioglierà senza avere le coperture boschive. Potrebbero crearsi nuovi dissesti o addirittura proseguire quelli attualmente in atto». L'ecatombe di alberi espone infatti interi versanti all'instabilità. «Il livello di rischio potrà essere valutato solo successivamente alla rimozione della massa legnosa caduta - prosegue il geologo - e l'arrivo dell'inverno non aiuterà tali operazioni. Il problema si ripresenterà in primavera quando lo scioglimento del manto nevoso e nuove precipitazioni si sommeranno all'instabilità di terreni che non avranno più l'aiuto del bosco». La situazione più delicata è ora nell'area di Taibon Agordino e della Vallata di San Lucano, dove si sommano anche gli effetti del devastante incendio avvenuto pochi giorni prima della raffica che ha messo in ginocchio il Bellunese. «La copertura arborea blocca l'acqua - spiega Tatiana Bartolomei, presidente dell'Ordine dei geologi veneti che sta lavorando al fianco della Regione Veneto - l'assenza di copertura boschiva e terreno nudo comportano un aumento della velocità di trasferimento delle precipitazioni negli alvei dei torrenti e dei fiumi. Quindi si avranno importanti portate da smaltire in alvei già fortemente compromessi».
SITUAZIONI D'EMERGENZA
Sorvegliati speciali e oggetto di un delicato monitoraggio le realtà più critiche, come la frana di Perarolo e del Tessina. Ci sono inoltre degli smottamenti superficiali «che non dovrebbero evolversi in eventi più importanti» prosegue Bartolomei. Attualmente, quindi, le problematiche geologiche più rilevanti solo le colate di alberi e detriti scivolati nei canali degli affluenti secondari e dei fiumi. «Superata l'emergenza bisognerà fare un'analisi di tutti i versanti coinvolti e capire di caso in caso quale soluzione trovare e quali rappresentano un vero pericolo - prosegue Iandelli -, procedere con la rimozione degli alberi caduti, perché un bosco a terra può portare malattie anche al resto delle piante e lavorare sugli alvei per riportare l'acqua all'interno dei torrenti».
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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