L'INDAGINE
PADOVA «Paga, altrimenti il tuo video sarà diffuso. E tu

Sabato 14 Luglio 2018
L'INDAGINE PADOVA «Paga, altrimenti il tuo video sarà diffuso. E tu
L'INDAGINE
PADOVA «Paga, altrimenti il tuo video sarà diffuso. E tu sarai rovinato». Un sessantenne imprenditore padovano, sposato e padre di famiglia, si è sentito rivolgere queste frasi per mesi, senza mai riuscire a ribellarsi. Si vergognava, aveva paura di essere scoperto, e alla fine pagava. A minacciarlo, dall'altra parte del telefono, c'era un uomo kosovaro di 33 anni con cui l'imprenditore aveva avuto una relazione omosessuale. Il padovano temeva di veder distrutti la propria reputazione e il proprio matrimonio, e allora ha preferito finire sul lastrico. L'estorsore, infatti, alla fine gli ha spillato la bellezza di 124mila euro.
Al termine di un'accurata indagine, fatta di intercettazioni e appostamenti, gli uomini della Squadra Mobile di Padova e i colleghi della Postale hanno arrestato per estorsione lo straniero di 33 anni, residente in provincia di Padova, ricostruendo per filo e per segno tutti i suoi ricatti a luci rosse. L'uomo si trova ora in carcere e il pm ha appena chiesto nei suoi confronti il giudizio immediato.
LA RICOSTRUZIONE
Tutto comincia nel 2012 quando l'imprenditore padovano conosce un gruppo di ragazzi stranieri per motivi lavorativi. Uno di loro, in cerca di un'occupazione, nei mesi successivi si rivolge nuovamente a lui chiedendogli aiuto. I due iniziano a sentirsi al telefono, sempre più spesso, fino a quando nasce una relazione sentimentale. Entrambi sono sposati, ma il loro rapporto resta sempre nascosto.
L'incubo dell'imprenditore padovano comincia nel 2016 quando il kosovaro, a insaputa del sessantenne, registra un video con il proprio telefonino mentre l'uomo è impegnato a praticargli un rapporto orale. Dopo qualche mese - siamo ormai all'inizio del 2017 - cominciano i ricatti. Senza scrupoli, costanti e sempre più insistenti. «Mia moglie ha trovato la chiavetta usb con all'interno il video del nostro rapporto - racconta il 33enne -. Vuole separarsi da me e pretende 30 mila euro per l'acquisto di una casa in Kosovo». La richiesta, con il passare dei mesi, aumenterà fino ad arrivare a 150mila euro.
Il padovano, terrorizzato, decide di pagare pur di mantenere il silenzio. Programma con l'amante un vero e proprio piano di rateizzazione, con una promessa: «Appena ti ho saldato tutto, tu fai sparire quel video». Da quel momento, però, l'uomo diventa ostaggio del suo estorsore, che lo chiama continuamente intimandogli di pagare. «Sono sotto ricatto di mia moglie» gli dice chiedendogli una somma ogni mese. A volte 10mila euro, altre 15mila euro: si va avanti così per circa un anno, fino allo scorso mese di giugno. Il padovano apre il portafoglio ogni volta, e non sa davvero più come uscirne.
Ad un certo punto, però, decide che così non si può più andare avanti: alza la cornetta, chiama la Polizia Postale e chiede in forma anonima come poter fare «per evitare la diffusione di un video decisamente compromettente».
L'INTERVENTO
Vista la gravità dell'episodio, gli uomini della Postale avviano subito le indagini e, assieme ai colleghi della Squadra Mobile, identificano presto l'autore della chiamata. Lo contattano con grande cautela, guadagnano la sua fiducia e lo convincono a svuotare il sacco raccontando tutto. I poliziotti ricostruiscono così minuziosamente tutti i passaggi del ricatto hot, e mettono a punto una trappola per incastrare l'estorsore.
Si arriva così al 28 giugno, giorno decisivo per l'indagine. La Polizia organizza, con la collaborazione della vittima, un incontro sotto copertura nel parcheggio di un campo sportivo in provincia di Padova. Il kosovaro arriva puntuale all'appuntamento, incontra l'imprenditore e si fa consegnare un assegno di 10.300 euro. Poi sale sulla sua Bmw per andarsene. È in quel momento che i poliziotti in incognito entrano in gioco, bloccando il kosovaro e arrestandolo immediatamente.
«È stata un'indagine molto accurata e delicata - sottolinea con soddisfazione Mauro Carisdeo, dirigente della Squadra Mobile di Padova -. Attraverso la ricostruzione dei movimenti finanziari e le intercetazioni ambientali abbiamo accertato la colpevolezza dell'uomo. Per questo il 28 giugno abbiamo deciso di intervenire. All'aspetto penale - conclude il capo della Mobile - in questa indagine si è affiancato anche l'aspetto umano. Da un lato c'era la necessità di perseguire il reato, ma dall'altro abbiamo dovuto agire con grande attenzione per tutelare al meglio la vittima».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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