«Giusta la linea inclusiva delle Nazioni Unite ma il popolo non appoggia questi leader»

Martedì 13 Novembre 2018
PALERMO
Una conferenza fallita in partenza. Ashraf Shah, membro del dialogo politico libico dal quale è scaturito l'accordo di Skhirat ed ex consigliere politico del Presidente del consiglio di Stato, non usa mezzi termini per definire il summit palermitano.
Dottor Shah, che possibilità di riuscita ha questa Conferenza?
«Poco o niente. Non ci si aspetta tanto e la ragione sta tutta nella disorganizzazione iniziale».
Che intende?
«L'Italia è partita male, con grande confusione. Non ha saputo decidere se seguire il modello francese oppure riprendere la posizione tenuta precedentemente. Il governo giallo-verde non è stato chiaro. Ha lanciato la proposta della Conferenza dopo il sostegno avuto dall'America. Ma subito dopo è scoppiato il conflitto nei confronti dell'ambasciatore Giuseppe Perrone, che era riuscito a riportare l'Italia in una posizione di priorità. E questo conflitto è arrivato fino in Libia, e da quel momento non ci è aspettati molto dalla leadership italiana».
Secondo lei che errori sono stati commessi?
«Il governo italiano ha invitato quattro personaggi definendoli leader e non lo sono, perché non hanno più il sostegno del popolo libico. Per questo va appoggiato il piano dell'inviato dell'Onu Salamè, perché è necessario arrivare il prima possibile a elezioni. In questo momento sono tutti indeboliti, anche Fayez al Serraj».
Haftar, però, sta facendo la voce grossa.
«Fino a un anno fa Haftar non era un politico di riferimento secondo l'Onu. Chi lo ha messo sul tavolo è stato Emmanuel Macron. La speranza era che l'Italia seguisse un percorso diverso, visto il sostegno americano e di altri paesi occidentali. Invece ha adottato una posizione che ora consente ad Haftar di ricattarla, come sta succedendo con la Conferenza».
Secondo lei quali sono le ragioni finali del comportamento del generale che comanda la Cirenaica?
«Sono dettate da altri paesi. Ci sono dietro l'Egitto e gli Emirati Arabi, che sono sostenuti dalla Francia e che vogliono far fallire il summit italiano. In questo modo vogliono dimostrare che a giocare un ruolo principale sono i cinque grandi del Consiglio di sicurezza e tra questi l'Italia non c'è. È una trappola nella quale il vostro paese è caduto. Arrivare tardi per Haftar e permettergli di farlo, significa aver messo una pietra tombale sui risultati dell'incontro siciliano. E in questo il vostro governo ha grandi responsabilità».
In questa guerra diplomatica e di interessi, come uscirà la Libia dall'emergenza?
«La soluzione è quella di sostenere Ghassan Salamè e il suo progetto di realizzare una Conferenza in Libia a gennaio. L'Onu sta facendo un grande lavoro, e in base al piano presentato dall'inviato, il Consiglio di sicurezza potrà votare un'altra risoluzione che porti a una data per le elezioni nel paese a metà del 2019. Ora più che mai è necessario votare, perché è proprio la popolazione civile a non poterne più».
C. Man.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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