E Orlando va dai «cari compagni»

Lunedì 13 Marzo 2017
E Orlando va dai «cari compagni»
Gli occhiali alla Clark Kent farebbero pensare ad una identità nascosta. Ad un candidato dotato di superpoteri, quelli che forse gli servirebbero per conquistare il Pd smarrito e diviso. Da quelle lenti extralarge, Andrea Orlando fissa la platea del teatro Eliseo che vorrebbe incoronarlo subito segretario.
Ex ds, sindacalisti, ex veltroniani, amministratori della Regione Lazio legati al presidente Nicola Zingaretti, e quel che resta dei circoli romani dopo lo tsunami di mafia capitale, sono pronti ad adottarlo. «Se vinco le primarie mi dimetto da ministro, il segretario deve fare il segretario», dice. E giù applausi. Mette in guardia, invita a diffidare dalle imitazioni, dalla tentazione di inseguire la nuova destra sul suo terreno, «sarebbe un dramma».
Nella kermesse, organizzata a Roma da Zingaretti, tornano a risuonare gli inviti all'unità già lanciati da Pisapia. «Mi ha fatto male - dice il Guardasigilli - vedere che qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo quando queste persone se ne sono andate a casa». E il pensiero va a Renzi. Perché il congresso ormai ha dato la stura e gli sfidanti non ci stanno ad essere confusi con gli scissionisti. Così Michele Emiliano dalla Toscana risponde piccato alle ironie renziane sugli «esperti pugliesi della Xylella» che ora vorrebbero riesumare l'Ulivo. E una replica se la concede anche Roberto Speranza, ormai fuori dal recinto Pd e già leader Mdp, ieri al Gran Ghetto di Foggia per dare solidarietà agli immigrati. Tirato nella mischia dall'ex premier con l'accusa di voler «rompere il partito» l'ex capogruppo alla Camera replica: «Chi ci insulta dimostra di non aver capito cos'è successo. Il PdR (partito democratico di Renzi, ndr) ha lasciato per strada milioni di elettori, noi vogliamo ridargli una casa per evitare che vincano le destre e i populismi».
A Torino, Firenze, Foggia già volano strali. A Roma Orlando inizia con «cari compagni adesso si può dire, no?». Aveva giurato che la campagna sarebbe stata intensa, non aggressiva. Che i toni sarebbero stati controllati. Il presunto complotto dell'establishment contro il Pd? «Sarebbe il primo auto-complotto della storia!». Raccoglie l'appello di Veltroni per organizzare a Roma, come a Barcellona, una manifestazione per i rifugiati. Non crede nei sondaggi che lo danno intorno al 25% ma è preoccupato perché gli stessi sondaggi dicono che il 30 aprile i votanti si dimezzeranno «e in questo caso avremo perso tutti». Sulle alleanze, Orlando ha già detto come la pensa: immagina un partito inclusivo che sappia mettere insieme un «centrosinistra ampio». La stagione delle larghe intese si è chiusa «ma non basta parlare di Mattarellum, se tutti continuano a dirci di no dobbiamo proporre un altro sistema elettorale con un minimo di premio di maggioranza». Prima di lui Zingaretti aveva rivendicato il buongoverno della sua giunta di centrosinistra e proposto i «comitati per il cambiamento». «La proposta in campo forte che oggi c'è - dice il governatore - è quella di ricucire i rapporti con questa grande esperienza di Pisapia, che non è un partito ma una rete di persone che condividono dei valori e vogliono costruire insieme un programma, e noi non possiamo che dire sì, perché sono i nostri valori». Alla fine né pugni chiusi né bandiera rossa. Ma la sensazione che ci siano due partiti diversi, uno al Lingotto, l'altro all'Eliseo, resta.
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