DELITTO NOVENTA
PADOVA A tre anni quasi dall'omicidio di Isabella Noventa, uccisa

Martedì 8 Gennaio 2019
DELITTO NOVENTA PADOVA A tre anni quasi dall'omicidio di Isabella Noventa, uccisa
DELITTO NOVENTA
PADOVA A tre anni quasi dall'omicidio di Isabella Noventa, uccisa tra il 15 e il 16 gennaio del 2016, sono state depositate le motivazioni delle sentenza d'Appello. I giudici lagunari hanno confermato in tutto e per tutto il primo grado di giudizio, con i fratelli Freddy e Debora Sorgato condannati a 30 anni e la tabaccaia veneziana Manuela Cacco a sedici anni e dieci mesi. Di fatto il sostituto procuratore generale Giancarlo Bonocore ha abbracciato in pieno la linea accusatoria del pubblico ministero Giorgio Falcone e il presidente della Corte d'Assise d'Appello, Alessandro Apostoli, a sua volta la sentenza formulata il 22 giugno del 2017 dal Gup Tecla Cesaro in rito abbreviato. Ma Bonocore, durante la sua requisitoria, ha voluto sottolineare due aspetti inquietanti del trio dietro alle sbarre: in particolare i due fratelli Sorgato non hanno mai dato alcun segno di pentimento e non hanno fatto trovare il corpo di Isabella. Ma soprattutto durante le ricerche del cadavere nel fiume Brenta ha perso la vita il sommozzatore della polizia Rosario Sanarico e Freddy, il ballerino di Noventa Padovana, in un colloquio in carcere con una sua ex fiamma intercettato ha detto: «È morto lavorando. Non ha osservato le norme sulla sicurezza». E a un detenuto: «Se quel sommozzatore avesse mangiato di meno non sarebbe rimasto incastrato nella chiusa».
LE BUGIE
Nemmeno i giudici della Corte d'Assise d'Appello hanno mai creduto a Freddy Sorgato. L'autotrasportatore ha sempre dichiarato di avere soffocato Isabella durante un gioco erotico. Motivo: quella sera il ballerino soffriva di un terribile male alla testa tanto da assumere medicine. Appare impossibile che avesse la freschezza di consumare un rapporto sessuale estremo. Inoltre, come dichiarato più volte dall'ex marito della segretaria di Albignasego, Isabella non amava i rapporti sessuali violenti. E poi c'è l'alibi fasullo della sorella Debora, la donna delle pulizie, che quella sera del 15 gennaio di tre anni fa avrebbe dovuto sistemare un garage, ma quel lavoro non lo ha mai eseguito. Insomma, un castello di menzogne.
L'AGGUATO
Le difese hanno puntato gran parte della loro arringa sul fatto che nella villetta di Freddy il luogo del delitto, in via Sabbioni 11 a Noventa, non fosse stata trovata una sola goccia di sangue di Isabella. Cercando così di screditare la tesi accusatoria. Ma nelle motivazioni della sentenza è spiegato invece perchè il racconto della tabaccaia Manuela Cacco (difesa dall'avvocato Alessandro Menegazzo), che incastra i fratelli Sorgato, sia la verità. Debora (avvocati Roberto Morachiello e Luca Motta), armata di una mazzetta da muratore, ha colpito per due volte alla testa Isabella per tramortirla, quindi senza versare una goccia di sangue. Poi con una corda l'ha strangolata. Infine con l'aiuto del fratello ha messo il corpo in un sacco nero della spazzatura: un'operazione non molto difficile considerando che la donna pesava poco ed era alta un metro e sessanta centimetri. Ma soprattutto i fratelli Sorgato hanno avuto ben cinque giorni di tempo, prima della perquisizione della polizia, per pulire con estrema meticolosità tutta la villetta. Tanto che gli uomini della Scientifica non hanno trovato traccia del Dna nemmeno di Manuela Cacco, abituè dell'abitazione di Freddy.
I MOVENTI
Freddy amava Isabella ed era molto geloso. Voleva una relazione stabile con lei, ma la donna stava pensando di lasciarlo per un altro. Inoltre il ballerino si sentiva usato come un toy boy e da Isabella avrebbe ricevuto poco affetto. Manuela Cacco, innamorata di Freddy, voleva eliminare la rivale Isabella, mentre Debora vedeva nelle segretaria di Albignasego un pericolo per il patrimonio di famiglia. Temeva che il fratello spendesse tutti i loro averi per farla felice e stringerla tra le sue braccia. Ecco perchè i tre si sono coalizzati per eliminare Isabella.
LA PREMEDITAZIONE
E in secondo grado ha retto anche la premeditazione, riassunta dalla Suprema Corte in dieci punti. I contatti frenetici tra i cellulari degli imputati il giorno prima dell'omicidio; la scelta del giorno, quando l'ex maresciallo dei carabinieri Giuseppe Verde (del tutto estraneo ai fatti) e allora compagno di Debora, era in servizio e il figlio della donna dormiva a casa della nonna; la trappola tesa a Isabella con Debora che si nasconde; la predisposizione di mazzetta, corda e sacchetto dell'immondizia per attuare il delitto; il fatto che sia Debora e sia Manuela si siano trovate al posto giusto e al momento giusto per svolgere il proprio ruolo; l'assenza di contatti tra Debora e Manuela fino all'arrivo nella villetta; la complessa messinscena; la tempistica ristretta; la predisposizione sin dal pomeriggio di un telefono rimasto in attivo per mesi e dedicato alla realizzazione del piano diabolico, e utilizzato anche durante la messinscena.
Marco Aldighieri
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