Dal Soler: «Sarebbe una struttura unica nel Triveneto, se comanderà uno solo»

Mercoledì 5 Maggio 2021
Dal Soler: «Sarebbe una struttura unica nel Triveneto, se comanderà uno solo»
LA MEMORIA STORICA
FELTRE Quattro fusioni in quarant'anni di calcio. Se c'è qualcuno che da queste parti può avere voce in capitolo in quanto a unioni calcistiche è Mario Dal Soler. Dirigente per quasi mezzo secolo, partendo da Sovramonte è stato protagonista dell'intero cammino che ha portato alla nascita dell'Union Feltre, passando per le varie Nico SL, Ripa F.P. 92, Ripa 2000, Seren, Union Ripa La Fenadora e Feltrese. Ora però si punta molto più in là, più a nord, fino all'abbraccio con i rivali di sempre, con i cugini, con quelli di città.
LE TRASFORMAZIONI
«Negli anni Ottanta e Novanta il calcio era paese, ogni campanile un campo - racconta Dal Soler - oggi, soprattutto in serie D, è un'industria, un'azienda. E l'azienda poco importa dove sia collocata, se in Agordo o in Alpago, quel che conta è farla andare avanti bene».
Dunque favorevole?
«Favorevolissimo. Lo dicevo a un compagno di avventure calcistiche al bar, davanti al giornale: tre squadre di D in 30 chilometri sono un po' tante no?! Ci sono province in regione che son grandi tre volte e ne hanno una sola. Chiaro, bisogna farlo per bene: senza campanili, senza rivendicazioni territoriali, senza diktat dell'una o dell'altra. L'unico dubbio che ho riguarda la dirigenza: chi comanda? Come si dice, in azienda bisogna essere dispari e tre sono troppi. Il presidente dev'essere uno, quando si comanda in 20 i meriti e le responsabilità non hanno mai un nome e un cognome. Al suo fianco due-tre dirigenti per società, un direttivo ristretto e di tesserati Figc, liberi da vincoli con gli sponsor. Dev'essere un gruppo con esperienza e con un unico interesse: seguire i ragazzi. Mi mancano i dirigenti presente al campo, che parlano con i giocatori, con gli allenatori, con i genitori. Che vogliono e sanno costruire un contatto diretto, umano».
Fusione per andare dove?
«Io sarei per una bella squadra di serie D che punti al professionismo e una d'Eccellenza che faccia da bacino, come una sorta di Under 23 delle squadre pro. Con i giocatori che abbiamo in provincia si può fare una gran bella serie D, lasciando l'Eccellenza a uso esclusivo dei giovani da far crescere, in ottica squadra A. Non dimentichiamoci che ci sono dei titoli sportivi in ballo: ora ne hanno tre da serie D. Uno se lo tengono, uno se dovesse diventare Eccellenza sarebbe già pronto (quello dell'Union Feltre in caso di retrocessione, ndr) e l'altro possono venderlo. Una struttura simile sarebbe unica nel Veneto, se non nel Triveneto».
Il punto di partenza?
«Il progetto del Belluno, che quest'anno ha fatto davvero le cose per bene, calando le spese, tagliando gli appartamenti, puntando sul vivaio: è la strada giusta. E sono felicissimo per Lauria: ha dimostrato di essere l'allenatore di valore che è. Ed è bellunese».
Il campo?
«Sedico in inverno, Belluno nella bella stagione, Feltre per le migliori squadre del settore giovanile, a partire da quelle regionali».
Nome?
«Qualcosa con le Dolomiti. Basta non mettere insieme quelli di tutte e tre, altrimenti vien fuori un libro...».
AdB
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