Criminalità a Nordest

Giovedì 21 Febbraio 2019
L'ORDINANZA
VENEZIA A Luciano Donadio si rivolgevano tutti e lui prima di agire, valutava caso per caso. Andava sul sicuro con indicazioni di pestaggi e «lezioni» da dare quando si trattava di regolare i conti con chi conosceva (poco importa se, come successo, ad assistere c'erano anche figli minori), mentre rimaneva più guardingo e proponeva soluzioni alternative, quando si trattava di intervenire nei confronti di chi non era abituato al modus operandi della mafia. Una carta d'identità, quella di appartenenti al clan dei Casalesi, da mostrare subito per far capire con chi si aveva a che fare. Soprattutto nelle estorsioni, un'attività che fruttava «fino al 50 per cento delle somme effettivamente riscosse» e a cui l'ordinanza di custodia cautelare dedica una capitolo a parte.
SISTEMA RODATO
Quasi sempre simile la catena usata dal boss - già graduato a 12 anni e che una volta ha detto di non essere mai stato picchiato da nessuno «se non dalla madre» - per sistemare le questioni di riscossione del credito per cui veniva interpellato. Toccava a Mauro Secchiati creare «il primo contatto con la vittima dell'estorsione al quale deve essere indicata la somma dovuta, il nome del creditore e, soprattutto, l'entità criminale a nome della quale viene avanzata la richiesta non rifiutabile e saggiandone anche la resistenza al fine di decidere l'impiego dei metodi più incisivi». Quello che conta per Donadio è che «non venga sottovalutata la sua matrice mafiosa» senza che però la stessa vittima sia poi portata ad alzare il telefono e denunciare l'intimidazione appena ricevuta. Insomma, agire con i guanti di velluto, almeno all'inizio.
L'ASSEGNO E LE BOTTE
Una volta capita la scorza della vittima, ecco che si poteva colpire. Usando anche la violenza fisica, come successo per «punire» il titolare di un negozio di alimentari a San Donà di Piave, reo di aver incassato, nel febbraio 2016, un assegno dato in garanzia da un pregiudicato molto vicino ai Casalesi. Incasso che aveva portato al protesto dell'assegno e poi al blocco dello stipendio della moglie del pregiudicato che quando aveva chiesto spiegazioni, era stata «scacciata in malo modo» dal negozio. Per sistemare la questione e riottenere i soldi, lo stesso pregiudicato si era rivolto a Donadio che aveva dato il la alla solita trafila: la visita di Secchiati, l'intimidazione e ciò che ne segue. Contattata dai sodali di Donadio, la donna aveva detto di essere stata presa spintoni e calci. A sistemare la questione è Giacomo Fabozzi, nipote del boss che, raggiunto il negozio, aveva malmenato il proprietario del negozio. «C'era pure il figlio - racconta Fabozzi in un'intercettazione con lo zio - il figlio non si è mosso proprio, non ha detto niente, neanche una parola». Poi la minaccia: «Sei un uomo di m...a, non hai niente da spiegare. Domani se non sistemate, per domani mattina ve ne andate». A rincarare la dose è lo stesso Donadio: «Quello ha paura di me. Ha sbagliato, ha preso gli schiaffi, chiuso eh. Mica l'abbiamo ammazzato».
L'ASTA E I CONSIGLI
Ma a Donadio&Co. si rivolgeva anche chi aveva problemi con le aggiudicazioni delle aste immobiliari. È il caso del titolare di un'agenzia di recupero interessato a far ottenere ad un cliente una delle sue due case messe all'asta. Qui Donadio riflette su come agire, considerando «eccessivamente penalizzanti» le richieste d'aiuto. «Se io vado a parlare e gli dico una cosa del genere, 99% quello non dorme tutta la notte e va dai carabinieri domani mattina. Anche se glielo dico gentile eh. Automaticamente così tu fai arrestare il tuo cliente», è l'avviso del boss.
L'HOTEL E LE AMICIZIE
Altro caso immortalato dalla Guardia di Finanza ma poi escluso dall'indagine per la mancanza di riscontri sull'esito dell'estorsione, è quello legato alla richiesta di pagamento del credito vantato dal titolare di una lavanderia industriale di Fossalta di Piave nei confronti del proprietario di un hotel a Mestre con la moglie impiegata in un ufficio pubblico. «Chi è questo che avanza i soldi? Io devo sapere chi è che avanza i soldi - sbotta Donadio nei confronti di chi non lo aveva ben informato sull'identità di chi chiedeva aiuto - Non è che vado e gli dico avanza i soldi uno». Poi la dimensione affaristica prevale. «Tu parlagli che adesso ci siamo noi, poi quando (...) ci posso parlare. Così almeno metto qualcuno della famiglia a lavorare. Tramite amicizia a parlarci come amicizie - conclude Donadio - e sapere con chi sta parlando soprattutto che quando uno sa che parli con delle persone che diciamo». Pedigree mafioso, come biglietto da visita irrinuncibile.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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