Grillini, dem, Cgil, toghe: somma zero di quattro populismi

Martedì 5 Novembre 2019 di Mario Ajello
Grillini, dem, Cgil, toghe: somma zero di quattro populismi

La missione chiudi l'Ilva è andata in porto. Ed è stata pianificata con geometrica potenza distruttiva pezzo per pezzo, nel corso degli anni e degli ultimi mesi: quelli che porteranno al voto regionale in Puglia a primavera. I pezzi sono quattro: il populismo giudiziario, il populismo M5S, il populismo Pd, il populismo sindacale. Si sono sommati ed esaltati a vicenda, hanno fatto a gara nel rincorrersi e nel superarsi - più grillini i grillini o più grillizzato il Pd che pure s'è sempre auto-proclamato sviluppista e anti-decrescita infelice? - e l'esito della vicenda di Taranto è la conferma che l'unione dei demagoghi ha fatto bene il suo mestiere. Cioè del male all'Italia e al Mezzogiorno.

L'ANOMALIA
Nel resto del mondo, acciaio, ambiente e salute non litigano. L'Italia dell'anti-sviluppo, con la sua sovrapposizione di populismi, è riuscita invece a far saltare ogni principio di modernità industriale. Sostituendola con trovate spettacolari perfino insultanti - Grillo ha detto che l'area Ilva va riqualificata con un «parco ambientale a gas», se non fosse che il gas dovrebbe arrivare con il metanodotto a cui M5S si è a lungo opposta, quindi meglio un «parco elettrico» o ancora meglio immaginare la zona degli impianti come un «polo turistico» - e infischiandosi sostanzialmente, tanto doveva bastare il reddito di cittadinanza a risolvere tutto, di questa pezzo disastrato d'Italia. Che la magistratura ha cercato di chiudere in nome di un ambientalismo d'antan e tutti gli altri, con in primissima fila il governatore Masaniello (cioé Michele Emiliano, concentrato sopratutto sulla propria ricandidatura alle regionali della prossima primavera, a meno che lo scrittore-ex magistrato-superpresenzialista Carofiglio non lo scalzi come certa sinistra vorrebbe), si sono adoperati per arrivare all'epilogo odierno.

Sulla pelle di Taranto s'è giocata e si sta giocando una battaglia elettorale - al grido: «Prima la salute dei tarantini», come se salute e sviluppo debbano per forza essere nemici - in cui M5S che qui era egemone non vuole perdere la primazia, che però tra retromarce sulla Tap e guerre intestine ha già perso nella Puglia non più gialla e senza colore; dem versione Emiliano ma anche no che grillizzatisi vogliono fare le scarpe ai grillini che dell'Ilva vorrebbero fare un parco giochi; e nessuno che dica una parola di verità e di vera speranza nella contrapposizione al ribasso tra ex nemici ora alleati. Non si rendono conto, di fronte ad Arcelor Mittal che se ne va, che cosa significhi una scelta del genere. Più importante, per il governo rosso-giallo in piena continuità con quello giallo-verde, il maldestro tentativo di recuperare voti nell'area di Taranto. Lì dove l'ex ministra del Sud, la pugliese Barbara Lezzi, ha sempre detto che «non esiste solo la siderurgia ma anche la mitilicoltura. Ma si può dare lavoro a 20mila persone con le cozze e con il benaltrismo («L'acciaio? C'è ben altro...») che è uno degli ingredienti fondanti del populismo?

IL CAPPELLINO DEL MINISTRO
E sempre a Taranto Di Maio si presentò, da titolare del Mise che avrebbe dovuto risolvere le vertenze aziendali e questa e le altre si sono invece terribilmente aggravate, con in testa il cappello dell'Ilva che gli avevano dati i capi del sindacato - iper-coinvolto, specie Cgil e Fiom, nel collateralismo populistico - e si presentava come il salvatore dell'acciaieria nel momento in cui si stava facendo di tutto, in contrapposizione con l'ex ministro Calenda, per portarla al disastro. E questa è anche la storia di Emiliano che ha intravisto una nuova frontiera occupazionale nei viaggi sub-orbitali in partenza da Grottaglie. Più che politica industriale, fantascienza! E nessuno nel Pd ha fermato Emiliano nel suo approccio demagogico, terrapiattista e complottista - i ricchi sono sempre cattivi - che va bene sui social ma un metalmeccanico a cui si promette la bacchetta magica dello pseudo-ambientalismo per la soluzione di una crisi complessa resta beffato. E sconcertato di fronte, per fare un esempio tra i tanti, all'uscita dell'attuale ministro dell'Istruzione, Fioramonti, il quale - non si sa a che titolo, forse quello da ex cattedratico a Pretoria, Sud Africa - assicura che l'Ilva rappresenta un «modello industriale anacronistico» e allora basta perché, come da post di Grillo «dev'essere blu il cielo sopra Taranto». Come se stessimo parlando di una canzone di Modugno o di Rino Gaetano e non di una grande questione di un grande Paese in cui potrebbe campeggiare questo messaggio rivolto agli investitori stranieri: se avete buone intenzioni state lontani dall'Italia, fateci fare in pace le elezioni e che vinca il peggiore!
 

Ultimo aggiornamento: 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA