Calimani: «Fermate il consumo di suolo»

Domenica 14 Ottobre 2018
I NUMERI
PADOVA «In un solo anno, dal 2016 al 2017, Padova ha aumentato del 19 per cento il consumo di suolo. È il valore più alto del Veneto che fra l'altro è la seconda Regione che ha consumato di più in Italia. Non solo: Padova è nelle prime dieci città superiori ai 100mila abitanti per incremento. Infine, l'Ispra ha calcolato quanto ci costa in termini di danno aver perso 125 ettari in un anno: 3 milioni e 224mila euro. È la perdita di servizi ecosistemici, come la diminuzione di produzione agricola che ci fa pagare prodotti dall'estero meno controllati; i costi di sostituzione dei bacini di laminazione per le piene improvvise; lo stoccaggio di carbonio nell'aria, la perdita di purificazione di aria e acqua con peggioramento del clima e le malattie asmatiche, la diminuzione di aree libere anche per fare una passeggiata, il bene più prezioso in aree di densificazione elevata».
Lei è Luisa De Biasio Calimani architetto, urbanista, docente universitario e consigliere esperto della Commissione urbanistica comunale. Già consigliere regionale e deputato per i Ds, consigliere del ministro delle Infrastrutture e membro della commissione Ambiente. Nel luglio scorso ha tenuto una relazione alla presentazione del rapporto 2018 dell'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che coordina le Arpa e svolge funzioni tecniche e scientifiche per il ministero dell'Ambiente.
L'OSPEDALE
«La massima ipocrisia è che i 500mila metri di Padova est per l'ospedale non siano consumo di suolo solo perché la Regione dice che non è consumo quello che è dentro il perimetro di urbanizzazione consolidata. Ma le sembra consolidata quell'area? Vede strade e case? Non siamo ipocriti. Chi pagherà le conseguenze della impermeabilizzazione del suolo?».
IL CAPO SETTORE
«Mi appello al sindaco e al vice Lorenzoni. A capo del settore Urbanistica da lunedì ci sarà un amministrativo. Ha di fronte una città complessa con un piano regolatore del 57 che ha dato unimpronta a pianta stellare con i cunei verdi che entrano nella città. Ora con tutte le varianti non si capisce più qual è il disegno. Ci vuole un architetto, un urbanista che conosca i luoghi e gli strumenti della pianificazione. Altrimenti si rinuncia ad uno sviluppo che le dia bellezza, funzionalità ed energia. Un amministrativo non può affrontare i Pati o il rapporto tra i vuoti e i pieni dove i vuoti ovvero gli spazi aperti che diventano gli elementi fondamentali della pianificazione. Perchè sono quelli che forniscono ossigeno, catturano l'anidridre carbonica, alimentano le falde con la permeabilità dei suoli».
IL POLMONE PP1
Guardi l'area del Pp1, fra via Valeri e i via Trieste. Al posto dei palazzoni che dovevano nascere ora ci sono gli alberi. Ho calcolato l'area arborata, 1.500 metri quadri. Producono ogni ora 170 chili di ossigeno in grado di soddisfare i bisogni di 4.800 persone. Dunque perché invece di fare tante domeniche senza auto non piantiamo più alberi? Perché non costringiamo i privati a fare altrettanto se, pur con il permesso di costruire, sono fermi da due-tre anni? E perché non lo fa il Comune? Piantiamo alberi in qualunque spazio incolto».
LA PROPOSTA
«Occorre un nuovo modello urbano. I Piani sono sovradimensionati prevedono crescite di abitanti che non ci saranno mai. Ed è indispensabile che la legge stabilisca che si possono neutralizzare tutte le previsioni urbanistiche contenute nei prg che comportano consumo di suolo, anche in presenza di strumenti urbanistici attuativi adottati approvati e convenzionati: ad esempio se a tre anni di distanza non sono ancora iniziati i lavori».
Mauro Giacon
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