Andrea Navagero, latinista che bruciava i libri di Marziale

Domenica 22 Settembre 2019
Fu fine umanista rinascimentale, poeta, oratore e botanico. Sì, botanico, se è vero come si legge da qualche parte che il suo parco di Murano allora ricca di fantastici giardini descritti come lioghi de ninfe e semidei da un suo contemporaneo fu uno dei primi, se non il primo, giardino botanico d'Europa, nel quale piantò ogni sorta di essenza della quale potesse entrare in possesso, inclusa (racconta ancora la vulgata) la prima pianta di mais mai cresciuta in Occidente.
Ma Andrea Navagero, che vide la luce a Venezia nel 1483 come quartogenito dell'agiata e nobile famiglia di Bernardo Navagero e Lucrezia Bolani, fu anche molto di più: dopo aver seguito i suoi studi classici a Padova (assieme ad altri giovani di belle speranze destinati a diventare grandi nomi della filosofia e della cultura come Girolamo Fracastoro, Giovambattista Ramusio e Gasparo Contarini), avviò una proficua collaborazione con Aldo Manuzio, per il quale curò le edizioni dei testi classici in latino, dei quali era un fine conoscitore. Il 30 gennaio 1516 il Senato lo nominò responsabile della Biblioteca Nicena, incarico che ricevette contestualmente a quello di storiografo ufficiale della Repubblica; nelle intenzioni dei senatori della Repubblica avrebbe dovuto proseguire le Historiae rerum Venetarum iniziate dal suo maestro Sabellico, ma in realtà Navagero non adempì al compito, che rimase inevaso fino alla sua morte e fu ripreso successivamente da Pietro Bembo.
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