Alessandro Campi
C'è un modo molto semplice per dimostrare quanto siano inutilmente costosi anche 600 parlamentari (tanti diventeranno in Italia dopo il referendum, da 945 che erano): basta non farli lavorare o dare l'impressione che perdano tempo senza concludere nulla. A quel punto, anche estrarli a sorte, come proposto da Beppe Grillo, rischia di essere una procedura troppo dispendiosa. Si potrebbe aggiornare una vecchia idea di Berlusconi, che una volta propose di far votare in aula solo i capigruppo, e immaginare una Camera e un Senato dove siede un solo rappresentante per partito: 8-10 parlamentari al massimo. Tanto, per quello che hanno da fare, volendo pensare come pensa il popolo quando è in preda ai cattivi umori.
Finita la campagna elettorale e conteggiati i voti nelle urne, la parola d'ordine doveva essere una sola, categorica e impegnativa per tutti: ripartire (e ripartiremo). In realtà, tutto appare bloccato e in ritardo. Il Parlamento non è chiuso ma è come se lo fosse. Non c'è provvedimento, da tempo annunciato come improcrastinabile e necessario, che non sia stato nel frattempo sospeso o rimandato. Nessuna certezza sui tempi di discussione e approvazione del nuovo Codice della Strada (il tempo di fare capolino in aula ed è subito stato rispedito in Commissione Trasporti per approfondimenti e verifiche).
Segue a pagina 23
© RIPRODUZIONE RISERVATA C'è un modo molto semplice per dimostrare quanto siano inutilmente costosi anche 600 parlamentari (tanti diventeranno in Italia dopo il referendum, da 945 che erano): basta non farli lavorare o dare l'impressione che perdano tempo senza concludere nulla. A quel punto, anche estrarli a sorte, come proposto da Beppe Grillo, rischia di essere una procedura troppo dispendiosa. Si potrebbe aggiornare una vecchia idea di Berlusconi, che una volta propose di far votare in aula solo i capigruppo, e immaginare una Camera e un Senato dove siede un solo rappresentante per partito: 8-10 parlamentari al massimo. Tanto, per quello che hanno da fare, volendo pensare come pensa il popolo quando è in preda ai cattivi umori.
Finita la campagna elettorale e conteggiati i voti nelle urne, la parola d'ordine doveva essere una sola, categorica e impegnativa per tutti: ripartire (e ripartiremo). In realtà, tutto appare bloccato e in ritardo. Il Parlamento non è chiuso ma è come se lo fosse. Non c'è provvedimento, da tempo annunciato come improcrastinabile e necessario, che non sia stato nel frattempo sospeso o rimandato. Nessuna certezza sui tempi di discussione e approvazione del nuovo Codice della Strada (il tempo di fare capolino in aula ed è subito stato rispedito in Commissione Trasporti per approfondimenti e verifiche).
Segue a pagina 23