«Addio principe stanco»

Domenica 13 Agosto 2017
«Addio principe stanco»
«Mi si consideri estinto». Recita così la voce Cibotto nell'Autodizionario degli scrittori italiani curato da Felice Piemontese nel 1989. Anche in vita, Toni Cibotto colpiva per la sua modestia, l'anticonformismo, per la sua cultura vasta eppure mai sopra le righe. Quel Mi si consideri estinto era anche la risposta che Toni aveva dato, nel 1958, a Leo Longanesi (che gli chiedeva di ristampare il suo primo libro Cronache dell'alluvione) e che portò Giovanni Comisso a scrivergli «Caro Toni, stai diventando sempre più matto». Eppure, Cibotto fu il primo (e forse l'unico) a raccontare l'alluvione del 1951. E non è un caso se gli editori e gli intellettuali di tutta Italia furono conquistati da quelle parole asciutte e dirette che descrivevano la catastrofe. Un evento che, ripeteva spesso Cibotto, non fosse stato per il famigerato camion della morte, non avrebbe forse strappato vite umane. Montale, incuriosito dal libro, fece sapere a Cibotto che avrebbe voluto visitare i luoghi dell'alluvione, dove Toni aveva già portato Pavese, Vittorini, Levi. Tra i giovani, oggi, anche un autore come Mattia Signorini dimostra quanto sia importante raccogliere l'eredità di Toni. Nel suo ultimo libro Le fragili attese, Signorini racconta con accorato sentimento proprio i giorni dell'alluvione, conosciuti grazie alle pagine di Cibotto. Anche Vittorio Sgarbi ha sempre riconosciuto la grandezza di Toni, tanto da dedicargli numerosi tributi: l'ultimo, in ordine di tempo, un evento al festival Babele a Nord-Est a Padova, lo scorso anno, insieme a Giancarlo Marinelli. Quest'ultimo trasse un film da Scano Boa, altro capolavoro cibottiano, e fu scoperto proprio da Toni. È l'autore padovano a ricordare con l'affetto maggiore Cibotto, come farebbe un figlio nei confronti del padre: «Toni ha cantato la nostra terra sulla carta dell'anima, più che su quella geografica. Forse sono stato il suo abbaglio peggiore (ride, ndr). Ma oggi il Principe Stanco ha chiuso gli occhi. Cercherò di tenerli aperti al posto suo». Proprio Il Principe stanco, alla sua uscita, fu definito da Giuseppe Pontiggia «un libro raro».
L'importanza dell'opera di Cibotto su Scano Boa, poi, è ricordata da tutti, ad esempio dal regista e attore rodigino Matteo Tosi: «Nello sguardo di Toni traspariva sempre l'amore per la sua terra. Ci mancherà». A proposito di sguardi sul territorio e sul Delta (dove Toni faceva un giro ogni volta che poteva per contemplare l'infinito), Germano Sprocatti, uno dei più noti fotografi polesani, ricorda come Cibotto fu entusiasta, 30 anni fa, di presentare il libro La terra in testa, che univa le immagini di Sprocatti alle parole di Luciano Caniato: «Un intellettuale atipico, mai snob, sempre disposto ad aiutare chi, come lui, era interessato a raccontare la civiltà contadina. A prima vista poteva sembrare debole di corporatura, ma dentro aveva una forza invidiabile». D'altronde, si trattava di quel Toni che, appena nato, una notte del 1925 venne portato in salvo dalla madre di nascosto, per evitare un rastrellamento fascista. Ad attenderli, nella fuga, c'era il vescovo di Rovigo, che aveva saputo della punizione ai danni del padre di Toni, Carlo, noto antifascista. L'infanzia di Toni trascorse quindi sempre in solitudine perché, come lui stesso racconta, «nessuno frequentava il figlio del reprobo» ma anche perché, alle elementari De Silvestri, era l'unico maschio in una classe di femmine. Poi arrivò il momento del ginnasio, da cui Toni fu allontanato perché figlio di un antifascista.
Ieri il sindaco di Rovigo Massimo Bergamin, a nome della città ha commentato: «Il Veneto, Rovigo e il Polesine perdono uno dei più grandi intellettuali di sempre. Grazie a Gian Antonio per aver cantato le nostre terre malinconiche e forti con delicata poesia e profonda intelligenza».
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