Acqua alta e pandemia, ma il ristorante si ingrandisce

Lunedì 3 Agosto 2020
Acqua alta e pandemia, ma il ristorante si ingrandisce
IMPRESE
VENEZIA Più forti dell'acqua granda. Più forti del Coronavirus. Al tempo delle chiusure forzate e della difficile ripartenza, c'è chi si gioca tutto gettando il cuore e il portafoglio oltre l'ostacolo, investendo su nuovi locali. È il caso di Al Gazzettino, storica trattoria veneziana delle Mercerie. «Ho lavorato per anni ai Do Forni, Antico Pignolo e Harry's Bar - esordisce entusiasta il titolare Ridha Ben Nefla - il mio maestro è un signore che si chiama Arrigo Cipriani, uomo a cui devo tutto, che mi ha insegnato l'umiltà e l'amore per la ristorazione, vera passione della mia vita».
Ridha, dal 2009, gestisce l'attività assieme alla moglie Margherita, che ricorda così il recente passato: «Altro che tre mesi, qui il lockdown ne è durato cinque. Sembra ieri il 12 novembre - prosegue - quando entrò il mare dalle nostre finestre, tanto da farci trovare l'acqua nei cassetti, oggi la pandemia, l'isolamento, e non sappiamo cosa ci attende in autunno».
Pochi mesi prima della seconda maggiore acqua alta della storia, i signori Ben Nefla avevano acquistato il locale di fronte alla trattoria, con l'intento di aumentare l'offerta, iniziando una dispendiosa ristrutturazione pensata in funzione del locale madre. Ma ecco il primo evento catastrofico: «L'acqua ha provocato ingenti danni - raccontano - ritardando di molto i lavori nel nuovo spazio. Tuttavia - riconoscono - a Venezia è un fenomeno abituale, quando capita i clienti si divertono, mangiando a piedi nudi, ma questa volta è stato diverso, quando la marea si è ritirata si è portata via anche i turisti; non c'erano più, spaventati anche dalla cattiva informazione». L'attività ha registrato una leggera ripresa a Natale, poi le difficoltà del capodanno, infine «un carnevale insolito, ma i coperti veniva comunque riempiti». Ed eccoci al secondo evento catastrofico. «La nuova ala doveva aprire a marzo - rivelano - invece siamo rimasti a casa, come tutti, allo sbando, tra banche, commercialista, e quando alzavamo la saracinesca c'erano solo bollette da pagare. E poi gli affitti... - aggiungono - Alcuni vogliono tutto e subito, altri chiedono la metà, altri ancora ti concedono di procrastinare, ma qui rischiamo di perdere centomila euro al mese, la gente non ha più soldi, così abbiamo preso un avvocato che sta provando ad abbassare gli importi, che devono essere adeguati alla crisi, ed è meglio mettersi d'accordo, perché qualcuno che subentra non lo trovano». La trattoria, frequentata anche dai gondolieri e dai commercianti della zona, sta lavorando a metà regime: «Una volta iniziavamo alle 18, accogliendo cinesi e americani, ma ora è cambiato tutto, speriamo solo che i contributi a fondo perduto vengano riconosciuti per tre mesi». Per la famiglia Ben Nefla la quarantena è stata un periodo di sentimenti contrastanti. «In lockdown non avevo paura - ricorda Margherita - perché sentivo che non era colpa mia, eravamo tutti sulla stessa barca, ma ciononostante le lacrime sono uscite copiose. È stato nostro figlio Kabir, che ha 17 anni, a darci la forza di resistere, riaprire e inaugurare il nuovo locale. Mi diceva di non piangere - conclude emozionata - perché non avrebbero permesso di far morire Venezia, è un problema mondiale da cui si può uscire, mi ripeteva». Kabir, in arabo, significa grande. (L.Bag.)
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