TRIBUNALE
PORDENONE Ieri è stata la volta del pm Giorgio Milillo e delle

Giovedì 16 Maggio 2019
TRIBUNALE
PORDENONE Ieri è stata la volta del pm Giorgio Milillo e delle parti civili. Il 10 luglio a parlare saranno gli avvocati e nella stessa giornata è attesa la sentenza per il processo sui ricatti mafiosi che fa riferimento a fatti accaduti tra il 2012 e il 2014. Gli imputati, a vario titolo, sono l'imprenditore sacilese Raimondo Lucchese, i calabresi Vincenzo Centineo e Pietro Ferraro, il fantomatico ex console croato Marco Tironi e il collaboratore di giustizia Emanuele Merenda.
LE RICHIESTE DEL PM
Il pm Milillo, al termine della requisitoria, ha chiesto al collegio giudicante (giudici Iuri De Biasi, Giorgio Cozzarini e Rodolfo Piccin) sette anni di reclusione per Centineo, cinque per Lucchese, quattro per Merenda e due per Tironi. Ha invece chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto per Ferraro.
LE PARTI CIVILI
Poi la parola è andata agli avvocati Bruno e Antonio Malattia, parti civili in rappresentanza degli assicuratori pordenonesi Walter e Luca Scolaro. Sono stati ribaditi il metodo mafioso utilizzato per costringere gli Scolaro a pagare, le strategie intimidatorie messe in atto dagli imputati. Un quadro che, secondo i legali, trova una serie di riscontri che non lasciano alcun dubbio. Compreso il coinvolgimento del collaboratore di giustizia Merenda che si è autoaccusato dell'incendio della villa di Luca Scolaro, avvenuto nella notte del 29 dicembre 2012 a Pordenone.
L'INCHIESTA
La vicenda giudiziaria ha preso avvio da una truffa ai danni dell'ex presidente della Sacilese Lucchese. L'imprenditore doveva cambiare 500mila euro di banconote da 500 euro con banconote da 50. I due assicuratori pordenonesi lo avevano messo in contatto con Mario Tironi, che il sacilese incontrò in Crozia. Lucchese consegnò soldi veri, Tironi invece denaro falso. E proprio il tentativo di recuperare i soldi coinvolgerà i calabresi che, non riuscendo a trovare il croato, cominciarono a chiedere denaro ai due assicuratori. Sostennero che parte dei 500mila euro appartenevano a un cla mafioso e che i bosso siciliani incolpavano gli assicuratori della perdita. Il tutto condito con minacce tipo Quelli vi fanno saltare la casa con venti chili di tritolo, e infine l'incendio doloso della casa di Scolaro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci