Test in ritardo nelle Rsa Allarme tra gli anziani

Mercoledì 23 Settembre 2020
IL CASO
PORDENONE Nei giorni segnati dal ritorno del contagio nelle strutture per anziani, e in particolare a Casa Serena (la più grande casa di riposo del capoluogo), esplode il caso legato ai tamponi programmati proprio all'interno delle residenze protette. Il piano che rappresentava il fiore all'occhiello della prevenzione made in Pordenone, infatti, sta rallentando proprio nel momento peggiore, cioè quando il virus ha rialzato la testa e sta puntando nuovamente il mirino sulle persone anziane, fragili, a rischio complicazioni. Le testimonianze più crude di quanto sta accadendo arrivano ad esempio da Sacile e San Vito, comuni popolosi che ospitano case di riposo importanti e frequentate. Ma la situazione, pur a macchia di leopardo, è la stessa quasi dappertutto: molto spesso i tempi dello screening preventivo dedicato agli operatori sanitari che lavorano nelle strutture per anziani non viene rispettato. E i ritardi si stanno accumulando, con il rischio che un contagio tra gli infermieri e gli Oss possa sfuggire e diffondersi poi all'interno di una casa di riposo.
L'ALLARME
Il caso è stato sollevato ad esempio a San Vito, tra i corridoi della casa di riposo che nel pieno della pandemia aveva sperimentato il lavoro full-time dei suoi dipendenti. «In una riunione recente - ha spiegato il direttore, Alessandro Santoianni - io e i miei colleghi abbiamo sottolineato l'importanza di uno screening costante. In questo momento è programmato ogni mese, ma noi siamo già in ritardo di tre settimane rispetto alla tabella di marcia». Le competenze interne ci sono, dal momento che alcuni infermieri sono in grado di effettuare il test. «Ma non ci arrivano i tamponi», spiega sempre Santoianni. La situazione è la stessa anche all'altro capo della provincia, cioè a Sacile, dove il prossimo screening programmato è stato fissato alla fine di ottobre e quello scorso è ormai vecchio di un mese. È chiaro che anche in questo caso i tempi non sono stati rispettati alla lettera. «La Casa di riposo di San Vito - va avanti Santoianni - si prepara ad affrontare l'imminente stagione autunnale ed invernale cercando di adottare ogni misura possibile per scongiurare l'ingresso del virus nell'ambito della propria residenza che conta oltre 250 anziani presenti, cui si aggiunge il personale che in essa opera composto da circa 200 addetti tra dipendenti diretti e non». Ma senza il rispetto del calendario dello screening diventa difficile controllare possibili casi interni. E la stessa situazione è stata segnalata anche in altre strutture della provincia. A monte ci sono i tanti impegni del Dipartimento di prevenzione, costretto a rincorrere i focolai in azienda (Electrolux), a scuola (San Vito e Pordenone) e nelle famiglie. In più c'è la limitata capacità di analisi dei test, che a Pordenone non supera le 500 unità al giorno. Il resto va inviato a Udine. «Invece - attacca Santoianni - si dovrebbero fare perlomeno i test rapidi anche a tutti gli ospiti. Soprattutto ora che alcuni pazienti stanno manifestando i primi attacchi febbrili autunnali».
MEDICI DI BASE
C'è anche un altro problema. I medici di medicina generale, che spesso entrano nelle strutture per anziani per visitare i propri assistiti, sono stati tamponati solamente una volta. E ora i direttori delle case di riposo chiedono che la sicurezza aumenti, e che i camici bianchi chiamati a visitare i propri pazienti lo facciano solo se in possesso di un certificato di negatività. Un altro possibile motivo di scontro in un momento cruciale.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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