TERAPIA INTENSIVA
PORDENONE Il 7 marzo il primo contagio accertato toccava il

Martedì 24 Marzo 2020
TERAPIA INTENSIVA PORDENONE Il 7 marzo il primo contagio accertato toccava il
TERAPIA INTENSIVA
PORDENONE Il 7 marzo il primo contagio accertato toccava il comune di Valvasone Arzene e toglieva la provincia di Pordenone dall'elenco dei territori ancora liberi dal virus. Oggi, in sole due settimane o poco più, la Terapia intensiva dell'ospedale Santa Maria degli Angeli dedicata ai pazienti con il Covid-19 è piena. Ecco dove sta, il tremendo potenziale del virus: in 17 giorni è in grado di saturare un reparto d'emergenza. E anche i due posti letto ricavati rispondendo al piano regionale di adeguamento, ora sono stati occupati. A Pordenone non c'è più posto per i pazienti colpiti dalla versione del virus più difficile da sconfiggere, e già si assiste ai primi trasferimenti d'urgenza a Udine e a Trieste. Inoltre in città non c'è ancora un piano per un ulteriore ampliamento della capienza in Terapia intensiva. «Lo attiveremmo d'urgenza - ha spiegato Joseph Polimeni, direttore generale dell'Azienda sanitaria - solo in una situazione di estrema emergenza». Ieri intanto a Gorizia si è passati da 8 a 14 posti di Terapia intensiva, un'operazione che a Pordenone al momento non è possibile. Quanto ai posti letto dedicati al Covid ma non di Rianimazione, in città ce ne sono 30, ma si è già pronti a ricavarne altrettanti in breve tempo.
I REPARTI
Ma il Coronavirus non manda fuori giri solo la Terapia intensiva. «Anche i reparti di degenza devono avere uno sfogo», va avanti Polimeni. Ecco perché, dopo due incontri decisivi, si è deciso di mettere mano al contratto che regola i rapporti tra l'Azienda sanitaria (pubblica) e il Policlinico San Giorgio (privato). Si tratta della svolta che ci si attendeva, ma che non riguarderà la Rianimazione, bensì il trasferimento al Policlinico di alcuni pazienti che al Civile faranno posto ai malati di Coronavirus. «Lavoriamo su due filoni principali - spiega Polimeni -: il primo riguarda la rimodulazione dell'attività di ricovero: sino ad oggi compravamo dal Policlinico attività chirurgiche, mentre ora acquisteremo la possibilità di trasferire pazienti per sgravare l'ospedale dalle patologie comuni. Il secondo filone riguarderà invece le strumentazioni in dotazione al San Giorgio, come ad esempio alcuni ventilatori delle sale operatorie». La collaborazione tra pubblico e privato è pronta a decollare, mentre all'interno dello stesso San Giorgio, dopo il caso di positività di un paziente, sono in corso decine di tamponi a cui sono stati sottoposti medici e operatori.
L'ALLARME
Infine Polimeni ha posto l'accento su un problema allarmante che si è già verificato in Lombardia: «I vertici della nostra rianimazione - ha spiegato - ci hanno comunicato che sono in aumento i 45-50enni che hanno bisogno della Terapia intensiva dopo aver contratto il Coronavirus. Non è più solo un problema dei cittadini anziani».
LE CASE DI RIPOSO
Giornata cruciale, quella di ieri, per il piano che può salvare le case di riposo dal rischio di diventare dei pericolosi focolai. Dopo i casi di Zoppola e dell'Rsa di San Vito, il Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria è sceso in campo per varare un progetto che coinvolgerà le residenze per anziani che meglio si prestano ad ospitare nei locali interni gli operatori sanitari anche durante la notte, in modo da limitare gli spostamenti da e verso le singole abitazioni. Ma la sperimentazione è già partita a San Vito, dove da ieri i dipendenti dormono all'interno della casa di riposo per ridurre le possibilità di contagio. All'Rsa dello stesso comune, dove sono stabili le due pazienti contagiate che sono rimaste all'interno della struttura, è stato intanto trovato l'accordo per la fornitura dei dispositivi di protezione individuale agli operatori sanitari.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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