Seconda ondata fragile Nuove armi per superarla

Martedì 29 Settembre 2020
L'ANALISI
PORDENONE È limitante, suggeriscono gli esperti, paragonare la situazione attuale del Fvg a quella di marzo o aprile. O meglio, è lecito e rassicurante, perché si ottengono risultati che fanno intravedere un prossimo futuro meno drammatico, ma serve un ulteriore sforzo per capire sia le caratteristiche di questa seconda ondata (perché di questo si tratta) che le armi (affilate) per sconfiggerla. «In realtà - suggerisce il ricercatore del Burlo, Maurizio Ruscio - la situazione è paragonabile a quella sommersa di gennaio, quando però nessuno sapeva che il virus fosse già qui». Ed ecco la chiave: oggi siamo al livello di gennaio, ma conosciamo il virus e abbiamo la possibilità concreta di rivivere il picco di marzo-aprile, chiusure comprese. E un'arma potente sta per arrivare (è questione di giorni) in Friuli Venezia Giulia.
LA NOVITÀ
Nei laboratori del Burlo Garofolo di Trieste, punto di riferimento regionale in fatto di ricerca e diagnostica, sono in fase terminale di approvazione i tamponi salivari. Sono test rapidissimi e poco invasivi, che permetteranno di raddoppiare la capacità diagnostica in regione: dai 4-5mila test attuali a quasi 10mila. Una potenza di fuoco che a gennaio avrebbe permesso di evitare lockdown, morti e malati gravi. Perché come spiega sempre il professor Ruscio, «è tutta una questione di carica virale». La stessa aumenta negli ambienti chiusi, quindi ecco la minaccia principale dell'autunno e del freddo, ma resta limitata se la circolazione del virus viene tenuta sotto controllo. «Per questo sarà fondamentale rispettare le regole e tenere alta la guardia sul fronte dei test: bloccando i principi di circolazione intensa del virus, terremo bassa la carica virale e non consentiremo all'infezione di provocare malati gravi e quindi potenzialmente vittime - precisa Ruscio -, in questo modo tutto potrà restare aperto». L'analisi restituisce una risposta: ecco perché la seconda ondata per ora è nettamente meno grave della prima. Quando è stato scoperto il virus in regione, la carica virale era ormai elevata e le persone contagiate si ammalavano in modo serio. Oggi no, perché l'azione di tracciamento e isolamento dei casi non permette al virus di replicarsi in modo massivo. E l'arrivo dei test salivari istantanei darà un'altra botta proprio alla carica virale.
IL CONFRONTO
Il parametro da tenere a mente non è quello dei contagi, perlomeno non in forma isolata. L'impatto della pandemia (oltre che la principale differenza tra il Covid e un'influenza) è dato dal rapporto tra i nuovi casi e i ricoveri. Dal 28 febbraio (giorno del primo caso rilevato in Fvg) al 31 marzo, a fronte di una progressione dei positivi, i pazienti ricoverati erano passati da zero a 236 e quelli in Terapia intensiva da zero a 60. Oggi, nello stesso intervallo temporale, si è passati da 14 ricoverati in Malattie infettive a fine agosto ai 18 attuali. Il picco, se così si può chiamare, è stato rappresentato da 23 ricoveri. Sono numeri dieci volte inferiori a quelli dell'inizio di primavera. In Terapia intensiva, invece, si è passati da due a sei casi. Si può dire che in questa fase, in Friuli Venezia Giulia si assista a un'oscillazione dei ricoveri, e non a un vero incremento. In primavera, invece, la tendenza era inarrestabile. E se il segreto è davvero la carica virale, come ritengono i massimi esperti regionali, la partita da vincere sarà quella di una rincorsa sempre più felina al virus, prima che si accumuli e ritrovi una capacità di far male che sembra lontana da quella che ha causato la più lunga pausa del mondo moderno.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci