Precari della ricerca, dietrofront al Cro Si allontana l'ipotesi tampone per il 2018

Mercoledì 22 Novembre 2017
L'INCERTEZZA
PORDENONE Non è un dietrofront, ma poco ci manca. Se una settimana fa i quasi 140 ricercatori precari del Cro avevano tirato un sospiro di sollievo per la soluzione tampone prospettata dall'istituto avianese rispetto alla scadenza dei loro contratti ora sono di nuovo nell'incertezza assoluta. La soluzione provvisoria - cioé la conferma per il 2018 della maggioranza dei precari in attesa che la vicenda nazionale trovi una soluzione definitiva - garantirebbe la copertura dei ricercatori per il prossimo anno, in attesa che venga individuata la soluzione nazionale attraverso la contrattalizzazione o le stabilizzazioni. La direzione amministrativa, nel corso di un incontro con i rappresentanti dei lavoratori della scienza, ha però tirato il freno: per poter attuare la copertura per il prossimo anno sarebbe necessario - ha sostenuto il direttore amministrativo Renzo Alessi - un emendamento alla legge nazionale. Insomma, senza la copertura legislativa - non tanto economica - il Cro non potrebbe garantire la soluzione tampone. Risultato: per i ricercatori si è riaffacciato lo spettro della fine del rapporto di lavoro - o meglio di collaborazione - entro il termine di quest'anno. A fine dicembre, salvo l'emendamento nazionale sul quale si attendono notizie da Roma in questi giorni, i circa 140 operatori potrebbero trovarsi a casa.
Non è escluso che i ricercatori, con le loro organizzazioni sindacali, decidano di organizzare un nuovo incontro per valutare il da farsi. In particolare se da Roma non arriveranno notizie positive. L'unica cosa certa è che i rappresentanti degli operatori della ricerca e la direzione si dovranno rivedere lunedì prossimo. Ma prima di lunedì potrebbero esserci qualche altra iniziativa.
Insomma, il problema della precarietà dei ricercatori nella sanità - e quindi anche della stessa ricerca finalizzata alla lotta al cancro - resta ancora tutto aperto. E questo mette a rischio anche la possibilità che l'istituto possa intervenire in proprio per un anno soltanto in attesa che una norma decida sul destino di tutti i ricercatori impegnati nella sanità italiana. E in attesa che la questione venga affrontata a Roma - si chiede un inquadramento contrattuale preciso del personale della ricerca sanitaria, almeno al pari dei ricercatori universitari e del Cnr - era sembrato in un primo momento che fosse stata individuata una soluzione, pur sempre provvisoria.
Il provvedimento che metterebbe una toppa a una situazione che si trascina ormai da troppi anni ora dipende da un emendamento. Il nodo della precarietà negli Irccs italiani riguarda circa 3.500 lavoratori della scienza. Perciò è un problema che non può essere risolto dai singoli istituti e centri che operano nell'ambito della salute pubblica. Deve esserci un provvedimento legislativo nazionale che inquadri e stabilizzi una volta per tutte personale che è precario anche da quindici anni. Una situazione che mette in difficoltà anche la stessa ricerca biomedica che viene condotta in istituti come il Centro di riferimento oncologico. Progetti importanti nell'ambito della ricerca anti-cancro che rischiano di rimanere a metà o rischiano di essere interrotti proprio a causa della mancanza di una sicurezza contrattuale e lavorativa. Mentre un recente provvedimento del governo ha trovato soluzione per i precari della ricerca universitaria garantendo oltre 1.600 assunzioni.
d.l.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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