Mostra del Pordenone Il giallo del quadro nascosto in convento Dubbi sulla paternità

Sabato 17 Agosto 2019
IL GIALLO
PORDENONE Misterioso quadro del Pordenone celato in un convento. Mentre si avvicina a spron battuto la data dell'inaugurazione della mostra su Giovanni Antonio De' Sacchis, detto il Pordenone, ecco che da un faldone depositato all'archivio storico comunale emerge un fascicolo dai contorni del giallo.
LA CORRISPONDENZA
Tutto inizia nell'ottobre del 1978 allorché una missiva con foto perviene in Municipio. Il plico proviene dal convento San Francesco di Cortemaggiore (Piacenza) a firma di padre Teofilo Cavalli. Egregio sindaco, un amico di Parma mi affida questa magnifica opera del Pordenone (che poi battezzeranno Cristo morto, ndr) con l'incarico di sentire se la città sua sia disposta all'acquisto. Nel retro della riproduzione a colori potrà leggere un attestato di autenticità. Qui a Cortemaggiore nella chiesa dell'Annunziata possediamo il capolavoro dell'artista: una cappella ottagonale dedicata all'Immacolata Concezione interamente dipinta da lui nel 1530, oltre che una vasta tela dello stesso che rappresenta la Deposizione. E fu appunto nell'analisi e nel confronto con l'opera in oggetto che io, prima diffidente, mi convinsi trattarsi di un vero Pordenone argomenta il francescano ora vede anche lei, signor sindaco, dalla riproduzione s'accorgerà trattarsi di un'opera splendida. Provenienza? Acquistata da un grande mecenate, il parmense Glauco Lombardi, deceduto nel 1970. Disse di aver acquistato il quadro da una nobile famiglia cremonese. Ora lei sa che il Pordenone molto ha operato nel triangolo Cremona, Cortemaggiore, Piacenza. Lei e la sua giunta vorrà forse perdere questa occasione per appropriare la città di un'opera così bella? Il presente scritto, più che un sollecito all'acquisto, è una proposta, la quale esige tempo e controlli. Prezzo: 70 milioni (del vecchio conio, ovviamente, ndr) somma non forte, esigua anzi, se si pensa che un De Chirico supera i cento milioni. Le sarà anche noto che il più grande conoscitore dell'arte veneta è il professor Pallucchini, che è sempre possibile rintracciarlo. La prego, semmai non le interessasse, di rispedirmi la riproduzione dell'opera.
LA RISPOSTA
L'allora sindaco Glauco Moro risponde prontamente Posso assicurare che esiste il massimo interesse dell'amministrazione a coltivare la questione, nella prospettiva della acquisizione al nostro museo civico del massimo numero di opere del massimo artista cittadino, che sarà convenientemente ricordato nel quinto centenario della nascita (1983 circa, ndr) con una serie di manifestazioni che stiamo programmando.
LA SMENTITA
Il primo cittadino interpella perciò il Commissario del museo, Antonio Forniz, che a sua volta chiede un parere all'esperto Rodolfo Pallucchini, inviandogli la foto. Dall'Istituto di storia dell'arte della fondazione Giorgio Cini in Venezia, all'epoca diretta dal Pallucchini, la risposta datata 19 febbraio 1979 è perentoria: caro Forniz, le rispedisco la foto del Cristo morto che, a mio avviso, non ha niente a che fare con il Pordenone. E' veramente curioso come ancora si equivoca su tale grande pittore friulano. Evidentemente si tratta di opera emiliana del primo Seicento. Trascorsi sei mesi dall'ultimo contatto epistolare, e non avendo ricevuto alcun riscontro dal Municipio in riva al Noncello, il reverendo padre Cavalli inoltra uno stringato telegramma dall'intrinseco sapore della disillusione: Dolente per indifferenza al quadro del Pordenone. Altrettanto breve è la risposta: le alleghiamo la foto del Cristo morto scusandoci per il ritardo, cordialmente, il sindaco.
I DUBBI ODIERNI
Considerando che spesso mecenati, studiosi, antiquari e critici d'arte non sempre hanno vedute e pareri coincidenti, varrà senz'altro la pena che si indaghi a fondo sul misterioso Cristo morto, onde fugare ogni dubbio circa il suo reale autore.
Dario Furlan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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