LE MASCHERINE
PORDENONE In un mondo che si interroga sull'utilità di indossare

Giovedì 9 Aprile 2020
LE MASCHERINE PORDENONE In un mondo che si interroga sull'utilità di indossare
LE MASCHERINE
PORDENONE In un mondo che si interroga sull'utilità di indossare le mascherine nei luoghi pubblici e nei supermercati, e con le alte sfere del mondo scientifico che non riescono a trovare un accordo sul tema, regge una certezza: i dispositivi di protezione sono fondamentali per chi lavora nel settore sanitario ed è costretto a rimanere otto ore e più a contatto con pazienti positivi al Coronavirus. E se mascherine, camici e occhiali dovessero mancare proprio a queste categorie, si rischierebbe di rimandare in tilt il sistema. E' questo l'allarme che arriva dalla Regione e che viene ripreso e amplificato dalle stanze della sanità provinciale: il nodo è a Roma, con la gestione commissariale dell'emergenza sempre più sotto pressione. «Sul nuovo invio del materiale di protezione per il sistema sanitario - ha detto Riccardo Riccardi, vicepresidente della Regione - non abbiamo avuto risposte da Roma». E il rischio più concreto andrebbe a toccare ancora una volta le realtà più fragili di questo momento: le case di riposo.
L'ALLARME
Si deve partire da un calcolo: in un turno di Pronto soccorso, ad esempio, ogni giorno vengono bruciate dalle 50 alle 100 mascherine, con il dato più basso che è riferito a San Vito e quello più alto a Pordenone. E questo solo in Pronto soccorso, mentre l'allarme partito dalla Regione riguarda anche i reparti di Terapia intensiva, dove il ricambio del materiale segue ritmi ancora più serrati. Ma come detto, l'anello debole è rappresentato dalle case di riposo, dove i dispositivi sono indispensabili vista la natura debole dell'utenza con la quale gli operatori hanno a che fare. Ebbene, il materiale inizia a scarseggiare e al momento manca la certezza di un approvvigionamento a breve. Pesa, ad esempio, la crescita della domanda di dispositivi che si registra negli Stati Uniti. E la catena di rifornimento rischia di incepparsi. L'altra categoria che rischia di rimanere a corto di maschere e camici è quella dei medici di base, che sarà nuovamente fondamentale quando la cura dei malati di Covid tornerà a diventare un affare domestico.
A PORDENONE
L'ospedale di Pordenone, e più in generale l'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale, si è mossa in anticipo, ma è stata costretta ad agire in proprio. Dall'estero ecco infatti una partita da mezzo milione di dispositivi di protezione individuale ad uso esclusivo del personale sanitario. L'operazione è stata portata a termine anche grazie alla generosità di chi nelle ultime settimane ha donato (firmando o in maniera anonima) diverse somme all'ospedale cittadino. Ma se per quanto riguarda gli ospedali si è riusciti a tamponare la carenza di mascherine e camici, non lo stesso si può dire per le case di riposo, dove l'emergenza è ancora alta.
L'ATTACCO
E di case di riposo è tornato a parlare anche Riccardo Riccardi. Lo ha fatto diffondendo un breve video estratto dalla videoconferenza che si è tenuta martedì con i sindaci di Zoppola, Paluzza, San Giorgio di Nogaro, Pradamano e Mortegliano. Il vicepresidente regionale ha duramente attaccato alcune scelte fatte in passato: «Ci sono situazioni nelle quali le Aziende sanitarie sono state letteralmente costrette a intervenire per tamponare le emergenze. A qualcuno in passato non è bastato incassare il normale affitto di una palazzina: si è pensato bene di trasformare condomini in case di riposo, e questo non dovrà più ripetersi». L'accenno non riguarda però la Micoli-Toscano di Castions di Zoppola. Infine l'analisi del direttore generale dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale, Joseph Polimeni: «In provincia abbiamo solamente una situazione d'emergenza su 17 case di riposo. Solo l'1,5 per cento dei posti letto è stato messo in difficoltà dalla diffusione del Coronavirus».
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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