LA LUNGA STORIA
PORDENONE L'idea dell'esame di Stato conclusivo degli studi nella

Giovedì 20 Giugno 2019
LA LUNGA STORIA
PORDENONE L'idea dell'esame di Stato conclusivo degli studi nella scuola secondaria è degli anni dell'immediato dopoguerra, quando Giolitti, rientrato nei palazzi del potere, si trovò ad affrontare il Partito Popolare che si poneva come elemento determinante dello scacchiere politico. Si fece strada, ad opera dei cattolici, la centralità del problema scolastico e proprio sulla scuola Giolitti puntava molte sue carte per l'apertura di una collaborazione con il Partito Popolare su un tema a questo caro: l'esame di Stato.
L'esame di Stato era, di fatto, individuato come lo strumento fondamentale per rovesciare la tendenza accentratrice dello Stato. Certo, dopo l'ingresso massiccio dei Popolari alla Camera, uscita dalle elezioni del 1919, il problema assumeva una rilevanza importante e questo non sfuggì a Giolitti che, preparandosi a tornare nell'agone politico, dichiarava di volere svecchiare il mondo scolastico e di aprire al sole della libertà, la più efficace delle spinte al progresso.
Don Sturzo, da parte sua, chiedeva libertà d'insegnamento, da raggiungere attraverso un solo strumento essenziale: l'introduzione dell'esame di Stato per le licenze delle scuole medie (cioè secondarie). Ma l'esame di Stato si presentava anche come uno strumento di controllo dell'istruzione, sia pubblica che privata: esso rispondeva, pertanto, ad una esigenza politica e ad una tecnica. Nel suo quinto ministero, nel 1920, Giolitti chiamò al ministero della Pubblica istruzione Benedetto Croce, il quale sosteneva, come Giolitti, la necessità della presenza di una scuola privata che spezzasse il monopolio della scuola statale, e nell'esame di Stato indicava il frutto maturo di una scuola libera, nell'accettazione della gara e della concorrenza. In particolare, Croce disse: «Quando, con la garanzia dell'esame di Stato, con la selezione degli scolari, con la scelta rigorosa degli insegnanti, con la restaurazione della disciplina avremo una eccellente scuola di Stato, educheremo anche coloro che frequentano altre scuole e opereremo sull'intera cultura ed educazione nazionale».
Non mancarono le voci dissenzienti, soprattutto quelle dei socialisti, tenacemente ostinati nella tesi del cedimento filoclericale. Autonoma fu, invece, la posizione di Gaetano Salvemini che si schierò apertamente a favore dell'esame di Stato, sottolineandone l'utilità e giudicandolo strumento indispensabile per irrobustire una scuola, come disse, troppo a lungo fiaccata da una legislazione antiquata e, per certi aspetti, carente e inadeguata ad una società sottoposta alle sollecitazioni del nascente capitalismo industriale. Ma neppure il laicismo di Salvemini servì a far passare il progetto Croce sull'esame di Stato. La verità è che gli anni 1920-21 furono gravidi di eventi tumultuosi e in quella temperie si volle impedire il compromesso tra il Partito Popolare e lo Stato borghese.
L'esame di Stato non fu neppure discusso in aula, non ci fu una voce di dissenso, ma solo la vuota, inutile deplorazione per quello che veniva definito il possesso spirituale della gioventù.
Un presagio per quella che fu, poi, la riforma fascista della scuola.
Angelo Luminoso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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