LA DECISIONE
PORDENONE Il Viminale procede lentamente sul fronte dei rimpatri?

Mercoledì 22 Maggio 2019
LA DECISIONE
PORDENONE Il Viminale procede lentamente sul fronte dei rimpatri? Il Comune di Pordenone lo supera in velocità e si inventa una formula per accelerare il ritorno nei Paesi d'origine dei migranti che a breve rimarranno esclusi dal progetto Sprar. E non si parla dei richiedenti asilo che si rendono colpevoli di reati accertati dalla magistratura, bensì di coloro i quali non avranno semplicemente più diritto a rimanere sul territorio sotto protezione.
I DETTAGLI
L'operazione è stata annunciata dall'assessore alle Politiche sociali Eligio Grizzo, che da tempo ha il polso dell'accoglienza dei migranti in città. La possibilità nasce dal contributo (circa 300 mila euro) della Regione per la gestione dei rimpatri. Una quota del finanziamento è dedicata a quello che viene chiamato il reinserimento socio-economico dei richiedenti asilo nei loro Paesi d'origine. Ciò presuppone innanzitutto due paletti: primo, non si deve trattare di zone del mondo nelle quali è in atto un conflitto o una persecuzione che interessi un gruppo etnico o religioso; secondo, il rimpatrio dev'essere gestito con l'aiuto di alcune associazioni, incaricate di accompagnare chi lascerà l'Italia in un percorso di reinserimento (non solo lavorativo, ma anche sociale) nel contesto del Paese di provenienza.
«A Pordenone - spiega Eligio Grizzo -, abbiamo circa 190 cittadini pachistani. Il Pakistan non è un Paese in guerra e alcuni di loro prossimamente si troveranno al di fuori del progetto Sprar per i richiedenti asilo. Per evitare di avere persone che dormono senza un tetto - aggiunge - abbiamo pensato a un piano di rimpatri basato sul contributo regionale che avremo a disposizione».
CIFRE E MODALITÀ
L'ultimo report regionale sull'immigrazione è stato stilato a fine febbraio. A Pordenone e provincia erano presenti 76 cittadini inseriti nel piano Sprar per l'accoglienza. Molti stanno per terminare il periodo massimo di permanenza all'interno del progetto. «E una volta fuori - ribadisce Grizzo - la gran parte si troverebbe faccia a faccia con condizioni di vita estremamente difficili, senza un lavoro e con poche possibilità di integrarsi. Per questo il Comune, grazie al contributo regionale, si farà carico di favorire il ritorno nei propri Paesi di chi da noi avrebbe possibilità limitate».
Il sistema dei rimpatri indipendenti dall'autorità giudiziaria e dal Viminale, deve necessariamente affrontare due passaggi fondamentali: si deve partire da un dialogo da affrontare con le persone chiamate a lasciare l'Italia ma è necessario allo stesso tempo individuare dei soggetti (in questo caso associazioni) in grado di gestire il rimpatrio evitando di spedire i migranti verso zone del mondo che offrono ancora meno rispetto alla provincia di Pordenone, pur senza protezione internazionale. «Ci sono enti che hanno già in piedi accordi con Paesi come il Pakistan - rivela Grizzo - e saremo noi a metterci in contatto con questi ultimi per gestire la transizione verso il nuovo modello». Pordenone, quindi, non solo resta la città delle porte chiuse, ma diventa anche un laboratorio per i rimpatri da gestire in casa.
I MINORI
Un capitolo a parte dev'essere dedicato ai minori stranieri non accompagnati che rimangono ancora oggi a carico degli enti pubblici. A Pordenone sono circa una quarantina, per una spesa annua che arriva a toccare il milione di euro. «Per quanto riguarda i minori - conclude Grizzo - saranno accompagnati ad un corso di italiano e di educazione civica. I neo-maggiorenni che facevano parte dello stesso gruppo, invece, avranno di fronte a loro due strade: potranno proseguire sulla strada di quella che io chiamo italianizzazione, oppure potranno rientrare nel piano di rimpatri già descritto».
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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