L'ANALISI
PORDENONE Poco tempo a disposizione (e si sapeva), un collegamento

Sabato 18 Gennaio 2020
L'ANALISI
PORDENONE Poco tempo a disposizione (e si sapeva), un collegamento insufficiente con le eccellenze del territorio, un fiume (il Noncello) attualmente poco vivibile e poco attrattivo, i cotonifici abbandonati e l'opportunità sfumata (per ora) di vederli rivivere), le infrastrutture ancora carenti. Sono i cinque motivi principali che hanno fatto saltare la candidatura di Pordenone a città capitale italiana della cultura 2021. Sono contenute, in modo più organico e meno schematico, nella relazione presentata dal professionista Maurizio Cecconi, la figura incaricata di elaborare il progetto preliminare. In poche parole, la città ha pagato inefficienze e vecchi problemi, alcuni dei quali paiono strutturali e difficili da tamponare anche per il 2022, data entro la quale dovrà concretizzarsi la seconda candidatura.
IL GIORNO DOPO
L'assessore alla Cultura, Pietro Tropeano, inizialmente era contrario allo slittamento della candidatura. Solo di fronte alla relazione del professionista si è arreso all'evidenza: Pordenone non è pronta, forse non lo era nemmeno quando la proposta era passata in giunta. «Non avevamo - ha ammesso - la giusta quantità di soggetti coinvolti nel progetto. Parliamo di eccellenze, di partner d'eccezione come Cimolai, Electrolux, il Craf, i mosaicisti e tanti altri. Non c'era il tempo per fare sistema. L'effetto tempo in questo senso è importante. Avevamo intrapreso 30-40 colloqui con soggetti chiave del territorio, ma non bastavano. Io stesso ero contrario allo slittamento, avevo optato per candidare subito la città, ma le evidenze sono state troppo più forti. C'erano alcuni lati negativi che pesavano sulla candidatura, e di concerto si è deciso di posticipare l'avventura, a patto che il professionista continuasse da subito il suo lavoro». Tra i difetti pesanti della città, ecco il nodo delle infrastrutture: serve ad esempio un miglior coinvolgimento dell'Interporto nell'iniziativa, ma anche lo stato precario dei cantieri ancora in corso ha un suo peso. Per diventare città capitale di qualsiasi cosa servono strade in ordine e moderne. Poi il Noncello, che ancora difetta dal punto di vista dell'attrattività e della centralità all'interno del tessuto urbano. E ancora gli ex cotonifici, in primis l'Amman, il cui recupero è ancora un rebus. Presentarlo almeno come un progetto in fieri sarebbe stato utile.
IL PROGRAMMA
C'è una sola strada, ora, per proseguire nell'avventura con scadenza fissata al 2022: estendere il raggio d'azione e dimenticare la visione pordenone-centrica della candidatura. La corsa dovrà necessariamente diventare provinciale. «Puntiamo all'inclusione di tutto il territorio, dalla montagna alla Bassa - ha confermato Tropeano -. Solo così il lavoro del professionista potrà portare a una posizione competitiva nei confronti di altre città che all'apparenza possono sembrare più attrezzate». Si prende spunto ad esempio da quello che sta succedendo tra Ascoli e L'Aquila: le due città sono in altrettante regioni diverse (Marche e Abruzzo), ma la prima ha rinunciato alla candidatura per sostenere apertamente la seconda. In provincia di Pordenone non si ambisce a tanto, magari a un appoggio di Udine, ma almeno a un respiro provinciale dell'iniziativa. Altrimenti gli stessi problemi diventeranno ostacoli anche in vista del 2022. E sarebbe meglio pensarci in tempo.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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