IL PROCESSO
PORDENONE Una coppia in crisi, una separazione ancor più dolorosa

Sabato 22 Settembre 2018
IL PROCESSO
PORDENONE Una coppia in crisi, una separazione ancor più dolorosa e due figlie adolescenti coinvolte nel rapporto conflittuale dei genitori. È stato un processo difficile. Da una parte un padre rimasto solo e chiamato a difendersi dall'accusa di maltrattamenti in famiglia, percosse e ingiurie. Dall'altra l'ex coniuge e le figlie che si erano costituite parte civile con l'avvocato Alessandra Marchi. Il pm Andrea Del Missier - che ieri ha sostituito il collega Marco Brusegan, che aveva seguito indagini e istruttoria dibattimentale - aveva concluso per una pena pesante: 2 anni e 9 mesi di reclusione. Il giudice Piera Binotto ha invece distinto i vari episodi contestati riconoscendo il reato di maltrattamenti soltanto nei confronti di una delle figlie. Per l'ex moglie il reato è stato riqualificato in percosse, riferite a due episodi del luglio e settembre 2015. L'imputato - difeso dagli avvocati Luca Donadon e Laura Presot - è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione. Ha ottenuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti. Assolto dall'accusa di ingiurie, in quanto non più previste dalla legge come reato. Non doversi procedere per gli episodi di percosse risalenti al 2005, in quanto prescritti. A una delle figlie è stata riconosciuto un risarcimento del danno pari a 5mila euro, mentre all'ex coniuge di 500 euro (da versare all'Erario, in quanto le parti offese avevano ottenuto il gratuito patrocinio).
La difesa ha cercato di ridimensionare le accuse riconducendo gli episodi contestati al clima di tensione che c'era in famiglia e ricordando che non vi era una situazione tale da integrare i maltrattamenti. «Sono soddisfatto - ha detto Donandon - perchè il reato di maltrattamenti è caduto per l'ex moglie e una delle figlie. Mi sorprende tuttavia che il Giudice abbia condannato soltanto per i maltrattamenti a una figlia, come se fosse possibile separare posizioni e fatti contestati. È un'anomalia. Presenteremo appello».
Per la parte civile la sentenza dimostra che mamma e figlie sono state ritenute credibili e coerenti. «Il clima familiare era pesante e i fatti andavano contestualizzati - spiega l'avvocato Marchi - Le parti offese hanno subìto denigrazioni e un continuo svilimento della figura femminile, tanto che erano convinte che non sarebbero state credute». Uscite dall'aula si sono abbracciate piangendo.
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