IL CONTRACCOLPO
PORDENONE Ormai sembra scritto, anche se manca ancora la bozza

Mercoledì 2 Dicembre 2020
IL CONTRACCOLPO
PORDENONE Ormai sembra scritto, anche se manca ancora la bozza del Dpcm che regolerà anche le attività economiche durante il periodo natalizio. La linea del governo è chiara: ristoranti e bar dovranno rimanere chiusi a Natale, Santo Stefano e Capodanno. Potranno effettuare solamente attività di asporto e consegna. E l'anticipazione è stata accolta con malumore e rabbia anche a Pordenone, dove il settore della ristorazione contava di lenire le ferite già profonde della prima e della seconda ondata della pandemia proprio grazie ai possibili incassi tipici dei giorni di festa.
LE REAZIONI
Carlo Nappo lo scorso 28 ottobre era alla testa della manifestazione (contestata) contro le prime chiusure autunnali. E il ristoratore diventato simbolo del malumore di categoria riprende la parola. «Non capisco perché fino al 23 dicembre posso tenere aperto il ristorante e fare 20 coperti e il 24 non posso più. Il problema è che lo Stato non riesce a controllare. Manca lo Stato e paghiamo noi. Io ho un ristorante con 26 coperti e li faccio tutti i giorni. Perché devo perdere 2mila euro di incasso? Si devono sanzionare duramente i soggetti che non rispettano le regole, invece è un anno che paghiamo per tutti. Serve punire chi sgarra. Faremo l'asporto, ma per noi il Natale vale tanto. Sono d'accordo con la necessità di evitare gli assembramenti: controllateci, contingentate gli ingressi e chiudete chi non rispetta le regole. Ma non fateci chiudere».
IL PUNTO
Il Natale, per il settore della ristorazione, vale tanto. Si calcola che l'intero periodo delle festività possa incidere per il 20 per cento del fatturato dell'intero anno. E solo il 25 dicembre varrebbe cinque punti su cento. E sul tema ieri è intervenuto anche Giovanni Da Pozzo, presidente della Confcommercio Udine e Pordenone. «Si tratta dell'ennesima decisione che ci viene propinata per ipocrisia: si agisce solamente per far vedere che si fa qualcosa, mentre il problema non si risolve. Non è chiudendo i ristoranti a Natale che si eviteranno gli assembramenti». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Fabio Cadamuro, della Fipe di Pordenone. Lui anzi usa meno il fioretto e più il martello. «Si tratta dell'idiozia più grande che abbiamo sentito sino ad ora - attacca -. Chiudendo i locali nei giorni di Natale e Santo Stefano provochi un danno economico enorme, ma soprattutto ottieni l'effetto contrario». Il rischio, infatti, è che in ambienti meno controllati, come quelli domestici, le distanze possano venire meno. «E ovviamente controllare in quel caso diventa impossibile - prosegue Cadamuro -. Il ristorante, invece, è un ambiente molto più regolamentato. Faremmo sedere quattro persone a ogni tavolo, non di più, e dovremmo sottostare a norme di sicurezza severe. In casa, invece, la gente farà quello che vuole». Infine lancia la sua proposta: «Io avrei anche allungato l'orario di apertura dei locali, soprattutto a Natale e a Santo Stefano. In quel modo i flussi sarebbero stati più controllabili e gli assembramenti molto più difficili da incontrare. Invece si è scelto di chiudere, ancora una volta, nei giorni più importanti per qualsiasi ristoratore». Il margine di trattativa ormai non esiste più: Natale, la vigilia e Capodanno si passeranno senza ristoranti. E per i ristoratori saranno senza incassi.
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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