IL CASO
PORDENONE Dall'ex sindaco di Riace alle volontarie della Rete solidale no profit di Pordenone: ad accomunarli sono i cosiddetti processi per il «reato di solidarietà». Oggi, in Tribunale a Pordenone, si apre il procedimento contro tre attiviste e nove profughi accusati in concorso di aver occupato abusivamente un terreno altrui o pubblico e di deturpamento dello stesso, precisamente il parcheggio del Bronx durante l'emergenza profughi del 2017. Sono chiamati a risponderne Luigina Perosa, Elisabetta Michielin e Gabriella Loebau - difese dall'avvocato Laura Ferretti -, in quel periodo impegnate nell'assistenza a una settantina di migranti. Coimputati anche nove profughi senza fissa dimora che, avendo perso il diritto all'accoglienza, si erano sistemato nel dormitorio a cielo aperto di Borgo Sant'Antonio.
LA MANIFESTAZIONE
L'udienza in Tribunale sarà accompagnata da un sit in davanti al palazzo di giustizia con cartelli che come slogan avranno la frase #ceroanchio. Perché in quel periodo, oltre alle volontarie di Rete solidale, numerosi pordenonesi avevano contribuito portando coperte, piumini e vestiti caldi. «Al sit in - spiega Luigina Perosa - abbiamo invitato tutti coloro che in quel periodo ci hanno aiutato, che portino una coperta o i cartelli con la scritta #ceroanchio, affinché ci sia un'assunzione collettiva di responsabilità». Si tratta del primo processo del genere in Friuli Venezia Giulia e a gestirlo sarà il giudice Alberto Rossi.
LA DENUNCIA
La vicenda nasce da una denuncia da parte dell'Inail. «Non c'era un dormitorio in città - ricorda Luigina Perosa - Avevamo individuato degli stalli vuoti, per non lasciare tutte queste persone sotto la pioggia. Uno degli stalli era dell'Inail ed era stato affittato a una signora. Bastava ci avvertissero e ci saremmo spostati. Eravamo convinti che lo spazio fosse inutilizzato». È partita una denuncia, seguita da un blitz delle forze dell'ordine.
LO SGOMBERO
«Sono venuti a prenderli con la corriera - ricorda l'attivista di Rete solidale - In 60 sono stati portati via, gli altri nove non avevano più diritto all'accoglienza e sono stati denunciati». Erano i giorni in cui la rotta balcanica portava a Pordenone decine di migranti al giorno. Il sistema di accoglienza era in sofferenza, nonostante il coinvolgimento della Croce rossa. Nei parcheggi del Bronx, trasformato i un bivacco, si potevano vedere i giacigli dei migranti che non riuscivano a trovare altra sistemazione. Diversi pordenonesi cominciarono a portare cibo e coperte. Rete solidale si prodigò anche per recuperare un telo di plastica che uno punto scoperto li riparasse dalla pioggia. La denuncia dell'Inail ha sortito l'intervento delle forze dell'ordine e la successiva denuncia poi sfociata nel processo che verrà celebrato questa mattina. Il caso ha già valicato i confini regionali. Di Rete solidale si sono occupati Radio Popolare, Radio24 e diverse riviste online.
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA PORDENONE Dall'ex sindaco di Riace alle volontarie della Rete solidale no profit di Pordenone: ad accomunarli sono i cosiddetti processi per il «reato di solidarietà». Oggi, in Tribunale a Pordenone, si apre il procedimento contro tre attiviste e nove profughi accusati in concorso di aver occupato abusivamente un terreno altrui o pubblico e di deturpamento dello stesso, precisamente il parcheggio del Bronx durante l'emergenza profughi del 2017. Sono chiamati a risponderne Luigina Perosa, Elisabetta Michielin e Gabriella Loebau - difese dall'avvocato Laura Ferretti -, in quel periodo impegnate nell'assistenza a una settantina di migranti. Coimputati anche nove profughi senza fissa dimora che, avendo perso il diritto all'accoglienza, si erano sistemato nel dormitorio a cielo aperto di Borgo Sant'Antonio.
LA MANIFESTAZIONE
L'udienza in Tribunale sarà accompagnata da un sit in davanti al palazzo di giustizia con cartelli che come slogan avranno la frase #ceroanchio. Perché in quel periodo, oltre alle volontarie di Rete solidale, numerosi pordenonesi avevano contribuito portando coperte, piumini e vestiti caldi. «Al sit in - spiega Luigina Perosa - abbiamo invitato tutti coloro che in quel periodo ci hanno aiutato, che portino una coperta o i cartelli con la scritta #ceroanchio, affinché ci sia un'assunzione collettiva di responsabilità». Si tratta del primo processo del genere in Friuli Venezia Giulia e a gestirlo sarà il giudice Alberto Rossi.
LA DENUNCIA
La vicenda nasce da una denuncia da parte dell'Inail. «Non c'era un dormitorio in città - ricorda Luigina Perosa - Avevamo individuato degli stalli vuoti, per non lasciare tutte queste persone sotto la pioggia. Uno degli stalli era dell'Inail ed era stato affittato a una signora. Bastava ci avvertissero e ci saremmo spostati. Eravamo convinti che lo spazio fosse inutilizzato». È partita una denuncia, seguita da un blitz delle forze dell'ordine.
LO SGOMBERO
«Sono venuti a prenderli con la corriera - ricorda l'attivista di Rete solidale - In 60 sono stati portati via, gli altri nove non avevano più diritto all'accoglienza e sono stati denunciati». Erano i giorni in cui la rotta balcanica portava a Pordenone decine di migranti al giorno. Il sistema di accoglienza era in sofferenza, nonostante il coinvolgimento della Croce rossa. Nei parcheggi del Bronx, trasformato i un bivacco, si potevano vedere i giacigli dei migranti che non riuscivano a trovare altra sistemazione. Diversi pordenonesi cominciarono a portare cibo e coperte. Rete solidale si prodigò anche per recuperare un telo di plastica che uno punto scoperto li riparasse dalla pioggia. La denuncia dell'Inail ha sortito l'intervento delle forze dell'ordine e la successiva denuncia poi sfociata nel processo che verrà celebrato questa mattina. Il caso ha già valicato i confini regionali. Di Rete solidale si sono occupati Radio Popolare, Radio24 e diverse riviste online.
C.A.
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