I soldi della droga investiti in terreni

Sabato 21 Aprile 2018
L'INCHIESTA
PORDENONE I soldi della droga venivano investiti in terreni che le famiglie dei profughi-spacciatori acquistavano in Pakistan o in Afghanistan. Era questo il business del traffico di stupefacenti smantellato dalla Squadra Mobile di Pordenone. Negli ultimi due mesi i poliziotti hanno osservato da vicino l'evoluzione del fenomeno e le capacità che alcuni degli arrestati cominciavano a sviluppare. Quando si è avuta la sensazione che nel gruppo cominciava a emergere un capo e che alcuni profughi cominciavano ad avere dei ruoli ben delineati, la Procura ha detto basta. Il pm Monica Carraturo e il procuratore Raffaele Tito hanno ritenuto che fosse arrivato il momento di chiudere l'indagine. E di farlo prima che la situazione potesse incancrenirsi sfociando in un'associazione per delinquere.
IL BUSINESS
Il monitoraggio ha permesso di accertare che all'inizio i profughi riuscivano a smerciare circa un chilogrammo di hascisc o marijuana a settimana. Un investimento, per loro, di circa 1.800/2.000 euro: ogni grammo veniva poi spacciato a 5/10 euro. Il ricavato finiva ai parenti in Pakistan e Afghanistan. Non tramite le banche o circuiti internazionali di money transfer, ma con il passamano, attraverso una rete di persone fidate, appartenenti allo stesso gruppo etnico. Se all'inizio del periodo di osservazione i profughi sembravano sprovveduti, a mano a mano che passavano il tempo, si sono dimostrati sempre più abili. E non solo perchè mettevano in guardia i clienti dicendo di stare attenti alle telecamere di sicurezza comunali. Avevano cominciato a muoversi in treno, in corriera e a pagare per avere passaggi fino ai luoghi in cui avrebbero potuto acquistare la droga. Il chilogrammo di stupefacente - smerciato settimanalmente all'inizio - è aumentato fino a tre chilogrammi. Tutti i consumatori, ormai, sapevano dove trovare droga per i loro spinelli a buon prezzo: Bronx, zona Queen'S bar, ponte di Adamo ed Eva, parco Querini.
DROGA SOTT'ACQUA
Intanto i poliziotti della Mobile, aiutati dagli infiltrati dello Sco, continuavano a registrare gli incontri tra profughi e clienti con le telecamere mimetizzate sugli alberi del parco. O a nascondersi tra la vegetazione del Noncello, sotto la riva del ponte di Adamo ed Eva, ore e ore ad aspettare gli spacciatori. Come quel giorno che se li sono ritrovati a pochi metri e hanno dovuto appiattirsi tra gli alberi per non farsi scoprire. La droga era lì, sepolta sotto una latrina a cielo aperto, in modo da confondere l'odore di hascisc e marijuana in caso di un controllo con le unità cinofile. Quando ci sono state le piogge e il fiume si è ingrossato, i profughi si sono dannati l'anima, con l'acqua che arrivata alla cintola, per recuperare lo stupefacente annegato nella piena.
PROFUGO INNAMORATO
Ieri sono cominciate le convalide degli arresti differiti. Una decina di immigrati - alcuni avevano l'avvocato di fiducia - sono sfilati davanti al gip Rodolfo Piccin: tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Per quattro, a cui si contestano pochi episodio di spaccio, il pm ha chiesto l'obbligo di firma. Per gli altri si chiede la misura cautelare in carcere (solo per uno i domiciliari, in quanto ha una residenza). Oggi il gip scioglierà la riserva, concluderà le convalide e gli interrogatori di garanzia per gli otto immigrati destinatari di ordinanza di custodia cautelare. Ieri, in lacrime, in Tribunale è arrivata anche una 18enne che di uno dei profughi si è innamorata. Al gip lui ha chiesto di poterla salutare e, prima che lo riportassero in cella, ha alzato le braccia con le mani bloccate dalle manette affinchè lei si infilasse in un abbraccio che non finiva mai.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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