Fidanzati uccisi, chiesta una super perizia

Sabato 21 Aprile 2018
Fidanzati uccisi, chiesta una super perizia
L'APPELLO
PORDENONE Una perizia super partes per dimostrare che, la sera del 17 marzo 2015, Giosuè Ruotolo non era più nel parcheggio del palasport quando sei colpi di Beretta 7,65 sono stati scaricati contro il caporal maggiore Trifone Ragone e la fidanzata Teresa Costanza, assicuratrice. È l'unica richiesta di rinnovazione istruttoria che gli avvocati Roberto Rigoni Stern e Giuseppe Esposito hanno avanzato alla Corte d'assise d'appello di Trieste. Il ricorso - oltre un centinaio di pagine - è stato depositato ieri nella cancelleria penale del Tribunale di Udine. Gli atti processuali saranno trasferiti a Trieste, dove il processo di secondo grado potrebbe cominciare già a fine estate.
LA CONSULENZA
L'8 novembre dello scorso anno il 28enne di Somma Vesuviana è stato condannato all'ergastolo con isolamento diurno per la durata di due anni. La sua Audi A3 grigia, secondo i giudici, era nel parcheggio del palasport all'ora del delitto: Ruotolo avrebbe teso un agguato ai fidanzati, sarebbe entrato in azione quando sono saliti sulla loro Suzuki Alto bianca e, nel giro di 10 secondi, li avrebbe uccisi. Sarebbe risalito in macchina allontanandosi dal palasport e ha raggiunto il parco di San Valentino, dove sei mesi dopo, nel laghetto, è stata ripescata l'arma del delitto. È l'indizio schiacciante, quello che dal marzo 2016 inchioda Ruotolo nel carcere di Belluno in misura cautelare. La perizia della Procura sugli orari dell'omicidio e i movimenti dell'Audi A3, affidata agli ingegneri Giuseppe Monfreda e Paolo Reale, non ha lasciato dubbi tra i giudici dell'Assise. «In appello - spiega Rigoni Stern - chiediamo una perizia tecnico-dinamica che possa ricostruire la scena del delitto tenendo in considerazione le testimonianze non convergenti con la perizia dei pm».
LE TESTIMONIANZE
C'è quella di Stefano Protani, il pesista che esce dalla palestra con le vittime, scambia gli spari per petardi e non si rende conto che i fidanzati sono stati uccisi a pochi metri dalla sua macchina. C'è quella di Andrea Capuani, che sale in auto, sente e riconosce gli spari, ma l'unica auto che ricorda è una Ford Ka vicino alla fioriera. E c'è quella di Angela Caragnano, che arriva nel parcheggio dopo l'esplosione degli spari. «Secondo la Corte - osserva la difesa di Ruotolo - avrebbe visto le auto di Protani e dello sparatore lasciare il parcheggio dopo il delitto, in direzione opposta. Ma non c'è riscontro a questa tesi, perchè questa testimone arriva ben dopo». È per far emergere contraddizioni, testimonianze valorizzate eccessivamente e ricostruzioni «non lineari» che la difesa chiede la perizia super partes. «Il nocciolo centrale si articola attorno a queste discrasie - afferma Rigoni Stern - Finora si è voluto collocare a tutti i costi Ruotolo sulla scena del delitto».
IL MOVENTE
Secondo la ricostruzione del pm Pier Umberto Vallerin, Ruotolo avrebbe ucciso per salvare la sua carriera in Guardia di finanza. Temeva che Ragone lo denunciasse per aver molestato Teresa Costanza con il profilo Facebook Anonimo Anonimo. Dalla caserma le aveva inviato messaggi spacciandosi per l'amante di Trifone, dopo essere stato scoperto aveva avuto un duro confronto con il commilitone. Per la difesa è uno dei punti fragili della sentenza. «Quei messaggi non hanno nulla a che fare con il movente - afferma Rigoni Stern - Lo stesso pm era incerto, tanto che in udienza ha portato una perizia dove si parla di un movente a sfondo sessuale». La difesa nega che vi fosse un disegno coordinato tra Ruotolo e la fidanzata Mariarosaria Patrone, fatta passare per pazza attraverso decine di sms deliranti, così da attribuire alle sue condizioni psichiche le molestie su Facebook. «In oltre 100 pagine di appello si tracciano le linee di una difesa con prospettiva di produrre dei motivi aggiunti che stiamo elaborando - conclude il legale - Abbiamo chiesto l'assoluzione con un'unica richiesta di rinnovazione di istruttoria, cioè la perizia, mettendo in luce contraddizioni e lacune».
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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