Deve scontare 10 anni, liberato Kari

Mercoledì 13 Novembre 2019
Deve scontare 10 anni, liberato Kari
IL CASO
PORDENONE Lorenzo Kari è libero. Catturato dopo una latitanza di oltre un anno e mezzo, il sinti originario della provincia di Udine ha ottenuto il differimento dell'esecuzione della pena dal magistrato di sorveglianza di Verona. Significa che gli oltre 10 anni e mezzo di reclusione che deve ancora scontare, sono sospesi per motivi di salute. Il provvedimento, sollecitato dall'avvocato Andrea Frank, è stato preso in via d'urgenza e ieri Kari ha lasciato la casa circondariale di Verona. Sarà adesso il Tribunale di sorveglianza a stabilire se le sue condizioni di salute siano compatibili con il regime carcerario o gli arresti domiciliari. Kari - che durante la latitanza non si sarebbe sottoposto a cure adeguate - avrebbe difficoltà di deambulazione e userebbe la sedia a rotelle.
FUGA DAL CRO
Kari ha 56 anni vissuti lasciandosi dietro una scia di furti, rapine, resistenze, maltrattamenti in famiglia, favoreggiamenti e lesioni. Tra il 2005 e il 2017 ha accumulato sentenze per quasi 12 anni di reclusione. Ha colorito le cronache friulane con la clamorosa evasione dal Cro di Aviano, il 3 agosto 2015, quando ottenne i domiciliari per essere curato per una malattia che, secondo alcuni certificati medici, non gli avrebbe lasciato scampo. In quei giorni con le sue rivelazioni era entrato di prepotenza nell'inchiesta sull'omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza: disse che era stato assoldato per ucciderli, che gli avevano promesso 100mila euro, ma che il suo scopo era soltanto quello di intascare il premio e poi sparire. Quando i fidanzati furono uccisi nel parcheggio del palasport, lui era in misura cautelare in carcere, accusato di una sfilza di furti (24) nelle abitazioni della provincia di Pordenone che gli è costata 5 anni di reclusione.
LA CATTURA
Dopo l'evasione dal Cro, ha vissuto in latitanza per 1 anno e 8 mesi, senza terapie, diventando nuovamente padre. I Carabinieri avevano setacciato tutti i campi nomadi nel tentativo di arrestarlo. Poi, l'11 aprile 2017, fu rintracciato in un insediamento a Lobia di San Giorgio in Bosco (Padova). Era ospite nella roulotte di una nipote e tentò di sfuggire alla cattura scappando da una finestrella. Dopo qualche mese, a luglio, ottiene dalla Corte d'appello di Trieste i domiciliari in un appartamento a Padova, ospite di parenti sinti. Gli sono bastati pochi mesi per organizzare la fuga e il 1. agosto 2017 il suo nome è ricomparso nella lista dei ricercati. Un anno dopo, intercettato dai carabinieri a Majano, a bordo di un'auto di grossa cilindrata assieme ad altri nomadi, è riuscito a sfuggire alla cattura. Chi era alla guida ha tentato di investire i militari, che per bloccare la macchina avevano inutilmente sparato.
L'ULTIMO ARRESTO
Non è di certo una sparatoria a fermare Kari, un uomo che non riesce a resistere nè dietro le sbarre nè chiuso in casa. La cosa più incredibile restano le condizioni in cui ha vissuto durante la latitanza: sempre in fuga, sempre nascosto, sempre in situazioni critiche e deleterie per la sua salute. La notte del 24 maggio scorso è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Pordenone in un vigneto di Susegana. Dormiva in macchina (modelli di grossa cilindrata trasformati nella sua casa), che usava per spostarsi tra Friuli, Veneto e Slovenia. A dargli la caccia era stato il procuratore Raffaele Tito, che aveva firmato l'ordine di esecuzione per un cumulo di pene pari a 10 anni 10 mesi e 2 giorni di reclusione. A maggio, quando Kari è stato catturato, si era augurato che «dopo tante fatiche e tanti soldi spesi, finalmente sconti in una struttura carceraria la pena che i giudici gli hanno più volte inflitto». Si era anche augurato che i giudici non si accontentassero di «qualche certificato medico volante», promettendo indagini sia sui complici che per due volte lo hanno aiutato nella latitanza e sia sugli stessi certificati medici che diagnosticavano una malattia gravissima.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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