Dalla rotta balcanica allo sbarco in città

Martedì 29 Ottobre 2019
L'ALLARME
PORDENONE Si possono definire pendolari. Sia perché la maggior parte delle volte viaggiano in treno, sia perché rimangono in città lo stretto necessario, quasi senza farsi notare. Sono i migranti che arrivano - quasi ogni settimana - dalla rotta balcanica e che spuntano in città senza che il Comune ne sappia granché: da dove vengono, chi sono, quali possono essere le loro intenzioni. Tutti interrogativi che preoccupano l'amministrazione, ma che non rappresentano il lato più allarmante del fenomeno.
LE SEGNALAZIONI
Con la chiusura del dormitorio di Porcia, controbilanciata dalla soluzione immediata trovata dalla Prefettura che ha permesso agli ex ospiti della struttura di trovare una nuova collocazione, si pensava di aver superato la fase dei bivacchi all'aperto. E invece c'è una nuova emergenza sommersa che allarma le autorità. Con la nuova intensificazione degli arrivi via terra nella zona del Carso triestino, Pordenone è tornata una meta ambita. Non per stabilirsi in città, ma per effettuare alcune pratiche che a quanto pare nel Friuli Occidentale sarebbero più rapide e semplici. Così nelle ultime settimane diversi cittadini pordenonesi si sono trovati, spesso nelle ore notturne, ad imbattersi in piccoli dormitori improvvisati, anche in luoghi ritenuti sicuri.
A riportare la notizia, dai contorni ancora non definiti a livello numerico (i migranti fantasma non sono facili da individuare e da tracciare), è il vicesindaco Eligio Grizzo. «Siamo alle prese con un problema nuovo: mentre il numero di richiedenti asilo registrati in città e in provincia è sensibilmente diminuito (si veda il resoconto ufficiale diffuso dalla Prefettura e riportato sotto, ndr), assistiamo a dei bivacchi diversi rispetto a quelli di un tempo: abbiamo segnalazioni di richiedenti asilo che stazionano per notti intere sulle scale dei condomini (avviene anche nel centro storico, ndr) o lungo le strade, in attesa di essere i primi a recarsi in Questura la mattina successiva. Non li conosciamo, non sappiamo nulla di loro, nessuno ci sa dire chi siano realmente queste persone. Solo dopo che si sono recati in Questura - spiega ancora il numero due della giunta Ciriani -, capiamo che nella maggior parte dei casi si tratta di immigrati che arrivano perlopiù da Trieste». Non hanno l'obiettivo di fermarsi a Pordenone, ecco perché nei resoconti ufficiali della Prefettura non compaiono. Utilizzano la città come un ufficio, ritenuto efficiente per l'espletamento di alcune pratiche burocratiche.
IL METODO
In pratica, molti migranti arrivati in Italia dalla rotta balcanica passano il confine sul Carso, si registrano nella Città metropolitana di Trieste e poi puntano verso la Questura di Pordenone. Si spostano in treno, e per risultare i primi della fila al mattino presto in Questura passano la notte in città. «È un nuovo problema legato alla sicurezza - ha ammesso Eligio Grizzo». Le segnalazioni non riguardano solo le scale esterne di molti condomini, usate come giacigli da chi altrimenti non avrebbe un posto in cui riposare. Alcuni migranti sono stati notati sul ciglio delle strade oppure sulle panchine che arredano le vie del centro, specialmente nelle vicinanze della Questura. «Si tratta di persone che presentano ricorso dopo il diniego dello status legato all'asilo politico, oppure che devono effettuare il ricongiungimento familiare», concludono dal Comune. Formano un microcosmo fondamentalmente invisibile, che a causa dell'emorragia al confine tra Italia e Slovenia può essere destinato ad espandersi.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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